E’ la questione giudiziaria del momento, quella che contrappone il ministro della Giustizia Carlo Nordio ai magistrati, divide la categoria dei sindaci tra favorevoli (insieme agli avvocati) e contrari, e riguarda l’abolizione del reato di abuso di ufficio, previsto dall’articolo 323 del codice penale, che punisce “l’incaricato di pubblico servizio che procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale oppure procurando un danno ingiusto ad altri”, prevista da un disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri insieme ad altre misure contenute nel pacchetto giustizia. Tema oggetto di continui interventi tra gli addetti ai lavori, affrontato dal sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, intervenuto a Rieti insieme al presidente aggiunto della Corte dei Conti Tommaso Miele, autore di un’interessante relazione sul rapporto tra giudici contabili e ruolo degli enti locali nell’attuazione del Pnrr, a un convegno organizzato a largo San Giorgio dal Lions Club Rieti Host guidato dal neo presidente Arash Sadighi, già al lavoro per allestire in autunno altre iniziative di rilievo culturale. Delmastro, favorevole all’abrogazione del reato, ha sottoposto alla platea il caso di un sindaco del Reatino risultato essere il più processato della storia giudiziaria locale per abuso d’ufficio: Paolo Trancassini, avvocato, deputato di Fratelli d’Italia dal 2018 e unico rappresentante sabino in Parlamento, per 29 volte finito davanti ai giudici in qualità di primo cittadino di Leonessa, insieme ad altri consiglieri comunali, per rispondere (quasi) sempre del reato che la riforma vuole cancellare, e sempre assolto (con qualche prescrizione), l’ultima volta pochi mesi prima delle elezioni politiche.
Il caso
Perché l’esempio di Trancassini? Ha spiegato Delmastro: “Io non posso pensare che in un paese normale un sindaco ha paura della firma perché teme di finire sotto processo, ci pensa quindi due, tre volte prima di farlo, perché in questo modo si blocca la pubblica amministrazione e con essa anche il cammino dei progetti di sviluppo che, come nel caso del Pnrr, sono vitali per rilanciare l'Italia. Allora è stato necessario trovare una soluzione per consentire a sindaci e funzionari di superare la paura, la scelta perciò è stata quella di cancellare un reato evanescente, interpretabile a fisarmonica, ma che finisce per ingenerare timore nella persona perbene che non sa, oggi per domani, se il suo comportamento sarà ritenuto lecito oppure no. Paura di violare la legge che non hanno certo i delinquenti, ma per inchiodare i disonesti esistono altre fattispecie di reato, come la corruzione, la concussione, il peculato. Il caso del mio amico Trancassini mi offre la possibilità di richiamare i dati del 2021: su 4 mila procedimenti penali, le condanne sono state appena 40”.
Il deputato
Il deputato ex sindaco di Leonessa, è un recordman in fatto di processi subiti e assoluzioni conquistate. Davanti ai giudici ci finì sin da quando, negli anni 90, fu approvata la lottizzazione dei Cappuccini che fece finire sotto accusa anche il suo predecessore Luigi Cordeschi, poi nel corso delle consiliature successive, guidate in alternanza con Alfredo Rauco, fu rinviato a giudizio per abuso d’ufficio in relazione al rilascio di permessi urbanistici e ad autorizzazioni firmate in favore di imprenditori agricoli, e addirittura, in un’occasione, per aver consentito a due coniugi di rimanere in un’abitazione pignorata nonostante lo sfratto esecutivo ordinato dal tribunale su richiesta di una banca che vantava dei crediti. Paolo Trancassini, anticipando di un giorno l’arrivo dell’ufficiale giudiziario, requisì la casa per poi riassegnarla provvisoriamente alla coppia nei confronti della quale anche il giudice che aveva deciso per lo sfratto aveva auspicato una soluzione visto che viveva in cattive condizioni. Il sindaco fu processato per abuso di ufficio, ma venne assolto in tribunale in quanto prevalse la linea difensiva sostenuta dal suo storico avvocato romano Alessandro Ierardi, di aver agito a fin di bene e senza perseguire fini personali.
Ma i precedenti che riguardano l’ex primo cittadino e che portano acqua alla tesi del sottosegretario Delmastro, sono numerosi. In un altro processo affrontato insieme ad altri consiglieri comunali di maggioranza, firmatari di una delibera che sbloccava 25 concessioni per costruire capannoni agricoli, ammise davanti al presidente del collegio Mario Bresciano: “Sì, ero consapevole delle irregolarità e mi assumo le mie responsabilità, ma l’ho fatto per favorire il rilancio economico e occupazionale della zona, altrimenti destinata a un progressivo isolamento, e non certo per aiutare gli amici, tanto che un imprenditore si candidò addirittura contro di me alle elezioni. Quello che ho fatto sarei pronto a rifarlo, perché se un agricoltore mi chiede di realizzare una rimessa per custodire gli attrezzi, non posso aspettare i tempi biblici della burocrazia per firmare l’autorizzazione”. I giudici della Corte di Appello, dopo una prima condanna inflitta dal tribunale di Rieti, pur confermando l’illegittimità dei permessi, rilevarono che non c’era stato dolo nel comportamento dell’ex sindaco e dei consiglieri coimputati, e assolsero tutti in blocco.