Addio a Osvaldo Faraglia, padre della Torrefazione Olimpica, una vita dedicata al caffè e alla ristorazione

06/03/2023
La Torrefazione negli anni 70
La Torrefazione negli anni 70
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Preparare il caffè per Osvaldo Faraglia rappresentava una sorta di momento creativo, non di meno era la gentilezza con la quale lo serviva al cliente in attesa dall’altra parte del bancone, lo stesso dal 1968, quando in viale Matteucci inaugurò la Torrefazione Olimpica, a poca distanza dal ristorante Olimpico (l’attuale Mc Donald’s) dove per anni, insieme all’inseparabile moglie Felicetta e al fratello Gianfranco, a lungo tra gli anni 60 e 70 punto di riferimento della ristorazione cittadina insieme al Calice d’Oro e a Tito Brucchietti, aveva deliziato i palati dei reatini: "Uno dei piatti più richiesti erano i tagliolini al prosciutto, oltre ai cannelloni, specialità di mia moglie, ma pronti a offrire anche la cucina di mare con pesce freschissimo” ricordava orgoglioso e non senza una punta di nostalgia.

Quindi, la scelta di Osvaldo Faraglia di dedicarsi al caffè lasciando i fornelli, una passione risalente alla metà del secolo scorso quando a Roma, in viale Somalia, armeggiava dentro un bar affiancato, anche lì, dal più giovane Gianfranco, destinato a diventare in seguito lo storico gestore della pasticceria Bombolo, a Rieti.  E il caffè, Osvaldo, ha continuato a prepararlo fino a qualche anno fa, servendo le tazzine con il consueto sorriso che lo contraddistingueva, prima che la salute iniziasse a tradirlo allontanandolo dalla sua creatura, lasciando le redini ai figli Sandro e Paola. Qualità della miscela che anche Giuseppe Ayala, il magistrato che sostenne l'accusa al maxi processo di Palermo a Cosa Nostra, mostrò di apprezzare durante una sosta a Rieti, dove era stato invitato nel 2013 a partecipare a un evento al Teatro Flavio Vespasiano con gli studenti del liceo Scientifico. La scomparsa del fondatore della Torrefazione, oggi ribattezzata più agevolmente “Faraglia” per soddisfare esigenze comunicative, richiama un’epoca diversa da quella frenetica attuale, pronta a bruciare ogni novità in nome della velocità di vivere e lavorare.

La ristorazione

A Osvaldo piaceva ricordare quando, rispolverando l’antica passione da gourmet, sperimentò in Torrefazione una pausa pranzo secondo antichi riti che non contemplavano la fretta: Anche se i tempi non sono più quelli dell’Olimpico, quando comandava il piacere di indugiare a tavola, cercheremo ugualmente di offrire ai clienti che hanno solo poco tempo per mangiare, pastasciutte gustose, secondi sfiziosi, insalate fantasiose. Garanzia di questo nostro impegno sarà la stagionalità dei prodotti, provenienti dai mercati locali, e carni selezionate”. E per richiamare il passato, tra i tavolini allestiti all’interno della Torrefazione Olimpica, era tornata l’affettatrice della Macchi, marchio famoso negli anni ’70, perfettamente funzionante, usata per preparare gli affettati. Non durò molto, in verità, ma non certo per colpa di Faraglia e dei suoi collaboratori, ma di un modo di vivere che ormai brucia tutto rapidamente. Ma Osvaldo non amava la fretta, era rimasto sempre fedele al suo modo di intrattenere con bonomia il cliente, scambiando con lui battute e impressioni, e rendendo una pausa piacevole quei cinque minuti dedicati al caffè.

Il riconoscimento

Simbolo di eccellenza dell’imprenditoria reatina, la Torrefazione Olimpica nel tempo si è trasformata da azienda locale in impresa di respiro internazionale, collezionando riconoscimenti per la qualità del caffè prodotto nello stabilimento al nucleo industriale, a fianco del quale sorge la casa dove Osvaldo ha trascorso l’ultimo scorcio di vita. E non è mancato nella storia della Torrefazione il riconoscimento della città. Nel 2011, l’ex giunta guidata dal sindaco Giuseppe Emili consegnò ai Faraglia, a nome del Comune, una targa che celebrava la medaglia d’oro ottenuta al premio internazionale "International coffee tasting", concorso mondiale dedicato alle eccellenze del settore, per la migliore miscela italiana per espresso.