Antonio Belloni, 60 anni con la toga e non sentirli

06/10/2020
Belloni inaugura la Scuola Forense
Belloni inaugura la Scuola Forense
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Veste la toga da sessant’anni, un cammino professionale iniziato il 6 ottobre 1960 quando, non ancora procuratore legale, si trovò ad affrontare una situazione del tutto imprevista: la morte prematura del padre Gioacchino, avvocato, come lo era stato anche il nonno, avvenuta alla vigilia dell’esame di abilitazione che superò a L’Aquila, ma senza la gioia di poter festeggiare con chi era stato la sua prima guida. Antonio Belloni taglia il traguardo delle nozze di diamante con l’avvocatura, diventando il decano del foro - del cui consiglio dell’ordine è stato presidente per 22 anni e per due volte nominato coordinatore degli ordini forensi del Lazio - un’attività che, per alcuni periodi, si è intrecciata con la politica.  Incarichi ricoperti in Provincia e in Comune, dove, come assessore, favorì la nascita dell’Azienda Servizi Municipalizzata facendo cessare l’esternalizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti in grandi difficoltà.

A seguire, il governatore della Banca d’Italia Ciampi lo indicò come membro del Cda della filiale di Rieti, fino all’elezione al Senato avvenuta nella XII legislatura con il Ccd, mandato che l’ha visto vice presidente della Commissione Giustizia e membro della Commissione Antimafia presieduta da Titti Parenti, tra i primi magistrati a far parte nel 1992 del pool Mani Pulite a Milano. Commentandooggi quell’esperienza, di una cosa è orgoglioso: “Non ho mai ricercato il consenso creando false illusioni nelle persone“, caratteristica rara se si vanno a esaminare i profili di altri politici, più bravi a promettere che a mantenere.

Le amicizie, da Flick a Imposimato

Amico personale di importanti avvocati e magistrati, (su tutti, il presidente emerito della Consulta Giovanni Maria Flick e il giudice istruttore dei casi Moro e dell’attentato al Papa, Ferdinando Imposimato) con i quali ha stretto intensi rapporti professionali, Belloni può vantare anche la genesi dell’unica presenza ufficiale a Rieti, avvenuta nel 1989, di quello che molti anni dopo sarebbe diventato Papa Benedetto XVI: il cardinale Joseph Ratzinger, invitato per presentare un suo libro nel Salone Papale. Il pontefice emerito amava la Valle Santa, e Poggio Bustone in particolare dove soggiornava nell’hotel Villa Tizzi di Valentino Previati, ma quella del 19 dicembre di trentuno anni fa resta una serata da incorniciare.

Bosi e Sabino, fallimenti evitati 

Belloni avvocato ha amato molto il penale, ma le sue incursioni nel civile richiamano vertenze importanti: Bosi e Sabino, due fallimenti evitati che avrebbero potuto provocare conseguenze più disastrose sui lavoratori. Nella prima, insieme a Giovanni Vespaziani e al commercialista Orazio Paci, formò la troika di commissari che traghettò l’industria del legname dall’amministrazione controllata a quella straordinaria prevista dalla legge Prodi per i grandi gruppi in crisi. Centinaia di lavoratori, anziché essere licenziati, usufruirono della cassa integrazione, e l’Inps pagò i trattamenti di fine rapporto. Crack sventato anche per la società di trasporto del Sabino grazie a un’operazione di ricapitalizzazione che salvò i posti di lavoro e bloccò le istanze di fallimento. Quando si raggiungono certi traguardi, quindi, tracciare un bilancio è inevitabile.

La professione oggi, rispetto a ieri, quali sono le differenze?

“Quel mondo, che mi ha visto muovere i primi passi nell’avvocatura, non c’è più ed è verità assoluta. Superato l’esame, mi affidai all’avvocato Giorgio Leoni e la sua figura mi torna insieme a quella di tanti altri colleghi che mi furono di esempio, come Mariano Trinchi, Francesco Pennesi, Alcibiade D’Orazi, Enzo Mozzetti, Mario Salvati, Giovanni Tomassetti, Italo Carotti e tanti altri. Espressione di un mondo forense scomparso. Allora gli avvocati erano pochi, basti pensare che, quando mi iscrissi all’albo, da cinque anni non v’erano state altre dopo quella, nel 1955, dell’avvocato Gianni Persio.

All’epoca, c’erano rapporti di profonda amicizia e immenso rispetto tra gli avvocati, con i giudici e con gli ausiliari di giustizia. Ci si conosceva tutti e questo favoriva la nascita di quei legami. Oggi il numero degli iscritti è straripante, non ci si conosce e ben più rare sono le amicizie. Spesso si registrano tensioni, una volta sconosciute. Si socializzava anche perché frequentavamo le Preture (Cittaducale, Borbona, Leonessa, Orvinio, Poggio Mirteto), oggi chiuse. Inoltre, si tenevano, fino a qualche decennio fa, in sede civile, le udienze collegiali, che erano un’altra occasione di cordiale socializzazione e di un rapporto gratificante con i magistrati che le presiedevano. Voglio ricordare, per tutti, il presidente Giuseppe Iraso, gioviale, bravissimo, il quale pur nella cordialità dei suoi modi, esprimeva grande autorevolezza”.

Le cause sono cambiate, in che modo?

 “Tanto per fare un esempio, non ve ne sono più per il “regolamento dei confini agrari”, l’“imposizione di servitù” per consentire il transito dei nuovi mezzi agricoli ben più grandi dei carri trainati dai buoi e, in sede penale non ci sono più cause per “pascoli abusivi” e “abigeato”. Con il passare degli anni, la professione si è trasformata per l’accresciuto ruolo della Carta Costituzionale e della Corte Costituzionale, nonché la nascita di nuovi diritti (per tutti, alla privacy) ovvero una miglior tutela di quelli già esistenti come quelli alla dignità, alla salute, al lavoro, e in difesa delle donne dalle violenze. Nel nostro mondo, ha poi fatto irruzione la legislazione sovrannazionale dell’Unione Europea che ha inciso fortemente sulle preesistenti legislazioni civili e penali. Infine, sono sopraggiunte impetuose la globalizzazione dei diritti e la digitalizzazione del processo civile e, oggi, in fase iniziale, di quello penale. Un’autentica rivoluzione dalla quale è derivata la conseguenza della necessità di un continuo aggiornamento, sicchè, se un tempo si iniziava e si terminava la professione con gli stessi codici, oggi essi cambiano semestralmente e richiedono un continuo studio e dunque nuove difficoltà che impongono infine la specializzazione”.

Quali mutamenti nella giustizia ha registrato in questi anni?

 “La giustizia, purtroppo, nonostante la valentia della stragrande maggioranza dei magistrati, il cui prestigio non è certo intaccato dalle penose vicende che si sono dipanate negli ultimi anni, registra ancora una grave lentezza. Ma anche questo sicuramente sarà superato, e i giovani professionisti vedranno la nuova primavera. Voglio ricordare che solo di recente è stato redatto e adottato un codice deontologico forense, che ha tipizzato gl’illeciti disciplinari. Ciò, ha determinato un totale stravolgimento del ruolo dei Consigli dell’Ordine che prima istruivano e decidevano i procedimenti disciplinari. La riforma introdotta anche in virtù dell’art. 111 Cost. e in ragione delle nuove esigenze dettate dal Codice Deontologico, ha sottratto ai Consigli dell’Ordine la funzione disciplinare, affidata a Consigli distrettuali che purtroppo, però,  registrano ritardi notevoli.”

Antonio Belloni, testimone di tante stagioni, festeggiando nel 2010 la toga d’oro, un pensiero lo riservò ai giovani colleghi: “L’augurio è di avere un percorso come il mio perché questa professione è una scommessa. Si parte, senza sapere dove si arriverà”. La sintesi di un viaggio che continua.

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