E’ stato un prolifico e apprezzato autore di indimenticate commedie in vernacolo reatino, da “Lu lupu mannaru” a “Lu rattu de le Sabine”, a “La ciommanica nuacchia” per finire a “Lu calenne”, autentici cult della storia teatrale locale, ma di Mario Travaglini, avvocato giuslavorista della generazione anni 30, quella che ha contribuito a formare schiere di colleghi, si ricorda anche la composizione di un divertente lavoro che rappresentò una garbata presa in giro della categoria. Storia che riemerge dai lontani anni 80 e che restituisce l’immagine di un’avvocatura che, nel piacere di ritrovarsi, non trascurava di ironizzare anche su alcuni aspetti di una professione che oggi registra un numero crescente di cancellazioni di iscritti dall’albo, fenomeno dovuto in gran parte alla diminuzione del lavoro.
Nasce, così, l’idea dell’avvocato Travaglini di scrivere “Dura lex, sed lex”, e di scegliere come attori non quelli che calcavano il palcoscenico del Teatro Flavio Vespasiano, ma i suoi stessi colleghi affinchè, recitando, ironizzassero per una sera sul loro ruolo, trasposizione fantasiosa di quello che, in realtà, è l'impegno professionale degli avvocati. Protagonisti furono Maria Giuseppina Truini, prima donna avvocato del foro di Rieti, Felice Gianfelice, storico delle religioni e autore di pubblicazioni su San Francesco e Papa Celestino V acquisite dall’Università Pontificia Lateranense, e Augusto Principi, calati nei ruoli di due contadini in lite e della collaboratrice di un avvocato chiamato a risolvere lo scontro nato dal possesso di una mucca. La singolare rappresentazione andò in scena all’hotel ristorante Belvedere di Greccio, dove gli avvocati e alcuni magistrati si erano ritrovati per un simposio.
La storia
Quella storia, che registrò un inaspettato successo e la cui eco ben presto si diffuse oltre l’ambito giudiziario, viene ricordata dall’avvocato Mario Travaglini: “L’ispirazione mi venne dall’aver assistito, indirettamente, a un curioso episodio riguardante la storia di una mucca che, dopo essere scappata dalla stalla, aveva partorito in quella di un altro contadino, causando in questo modo la reazione del primo proprietario che rivoleva indietro i due animali. Decise, così, di rivolgersi a un avvocato senza lavoro, a cui si affidò anche il secondo contadino che reclamava il possesso del vitello perché era nato nella sua stalla. Ebbene, l’avvocato assicurò a tutti e due, uno all’insaputa dell’altro, che avrebbero vinto la causa e sarebbero stati risarciti. Ma, alla fine, a portarsi a casa il vitello fu proprio l’avvocato, per il quale l’animale appena nato rappresentò il pagamento della parcella che avrebbe dovuto incassare dai due litiganti!".