Fare causa, per affermare una questione di principio e non accettare alcun accordo transattivo, oltre a rivendicare le proprie ragioni, può riservare amare sorprese per chi la promuove. E’ la considerazione che si può ricavare dalla lettura di una decisione della Cassazione che, a Rieti, ha preso in esame una vicenda iniziata davanti al Giudice di pace, proseguita poi in Corte di Appello e, infine, approdata a piazza Cavour dove i giudici della terza sezione Civile hanno emesso un'ordinanza (27461/24), con cui hanno giudicato inammissibile il ricorso presentato da un cliente contro un negozio di attrezzature meccaniche, “accusato” di avergli venduto una smerigliatrice difettosa al prezzo di 59,90 euro. Al termine di un contenzioso durato sei anni (l’acquisto era avvenuto nel 2018), il ricorrente si è visto condannare a pagare 400 euro alla società produttrice dell’attrezzo, nonché ulteriori 400 euro come risarcimento danni in favore della controparte per aver agito con colpa grave. In tutto 800 euro, tredici volte più del prezzo originario della smerigliatrice.
La Cassazione ha stabilito l’infondatezza della domanda presentata dal cliente perché non è stato dimostrato che la società produttrice si sia rifiutata di sostituire la smerigliatrice, né che abbia subordinato il cambio alla rinuncia alle spese di assistenza stragiudiziale richiesta dal ricorrente, essendosi solo rifiutata di assumerne i costi. Più semplicemente era stato, invece, il cliente a non accettare una nuova attrezzatura offertagli in sostituzione di quella danneggiata qualora non gli fossero state rimborsate le spese di assistenza sostenute per la nomina di un proprio avvocato. Un braccio di ferro iniziato diciotto mesi dopo l’acquisto, con la richiesta di sostituire la smerigliatrice difettosa oppure di ottenere la restituzione dei 59,90 euro pagati e la relativa risoluzione del contratto. Ancora, il cliente aveva proposto di stornare la somma dal costo di uno strumento nuovo da acquistare. La società produttrice non aveva però accettato di prendere in esame le diverse ipotesi, proponendo invece all’acquirente di far riparare il prodotto o, in alternativa, di sostituirlo ex novo, ma solo a condizione che l’avvocato nominato nel frattempo dal cliente per risolvere la questione avesse rinunciato alle spese per l’assistenza stragiudiziale. Accordo rifiutato e avvio della causa di risarcimento, con il ricorso respinto sia in primo che in secondo grado, decisioni giudicate corrette dalla Cassazione che ha ritenuto privi di fondatezza i rilievi formulati dalla difesa dell’uomo.