Tre ex magistrati, per anni in servizio a Rieti, lasceranno gli attuali incarichi che svolgono al tribunale di Roma per andare a ricoprire le funzioni di consiglieri di Corte di Appello. Andrea Fanelli e Alessandro Arturi, giudici delle indagini preliminari, ed Enrico Colognesi, giudice civile, sono stati inseriti dalla terza commissione del Csm nella lista di quattordici nominativi inviata al plenum di Palazzo dei Marescialli che dovrà approvare la relativa delibera. Il terzetto segue così il percorso compiuto da altri colleghi che da piazza Bachelet sono andati a piazzale Clodio, tra i quali si possono ricordare Stefano Venturini, scomparso quest’anno dopo un incidente stradale, Cristina Scipioni, presidente di sezione, Rosanna Scirè, sostituto procuratore a Rieti negli anni 90, Bruno Iannolo, ex pm della Procura circondariale reatina, e Renato Laviola, pretore nello stesso periodo.
Per Fanelli, Arturi e Colognesi si tratta dunque di un mutamento di ruoli, propedeutico per arrivare ad assumere nuovi e più importanti incarichi in futuro. Il magistrato più longevo che ha prestato servizio a Rieti è stato certamente Andrea Fanelli, la cui carriera iniziata nel 1999 alla Pretura di Poggio Mirteto è poi proseguita a Rieti dove è stato componente del collegio penale e, dal 2010 al 2018, ha ricoperto le funzioni di gip/gup, già svolte da Alessandro Arturi fino al 2012, poi proseguite a Roma. Magistrato particolarmente preparato, autore di un libro best seller sul reato di truffa, ha sempre goduto di grande considerazione da parte dell’avvocatura, Fanelli è figlio d’arte (il padre fu pretore a Cittaducale) e si è occupato a piazzale Clodio di importanti inchieste sulla criminalità organizzata condotte dalla Direzione distrettuale antimafia, sul traffico di droga che nella Capitale ha raggiunto punte elevate e, più di recente, della truffa aggravata in danno dell’Inps, contestata dalla procura al gruppo editoriale Gedi che fa capo a John Elkann, in relazione ai prepensionamenti ottenuti per 79 giornalisti delle testate giornalistiche controllate. Fanelli, nel 2023, respinse i patteggiamenti concordati con la Procura da due manager imputati perché ritenne la pena incongrua rispetto al danno provocato, calcolato dalla Guardia di finanza in oltre 22 milioni di euro.