Gaetano Papalia e la piena assoluzione arrivata dopo quindici anni di odissea giudiziaria

19/04/2025
Papalia e l'avvocato Giandomenico Caiazza
Papalia e l'avvocato Giandomenico Caiazza
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E’ racchiusa nella sentenza di piena assoluzione dall’accusa di bancarotta fraudolenta, pronunciata dal tribunale di Napoli, la storia giudiziaria di Gaetano Papalia, imprenditore reatino che nei suoi primi 70 anni è stato tante cose: presidente di società sportive (Sebastiani basket e Rieti calcio), politico, (consigliere comunale per il Pri e poi candidato sindaco nel 2007), socio di uno degli alberghi storici di Roma (l’Hotel Plaza, in via del Corso), proprietario dell’ippodromo Tor di Valle dove sarebbe dovuto sorgere lo stadio della Roma, ma soprattutto imprenditore nel mondo dell’ippica che gli ha regalato soddisfazioni, ma anche tante amarezze giudiziarie. Alla fine, dopo un’odissea durata quindici anni, snodatasi tra Firenze e Napoli, Papalia è stato assolto “perché il fatto non sussiste” dai giudici campani, come pure aveva sollecitato il pubblico ministero, che hanno scritto la parola fine a un’inchiesta iniziata nel 2010 in Toscana dove con la società Ippodromi & Città gestiva l’ippodromo Le Cascine.

L'inchiesta

Indagine iniziata con l’ipotesi di truffa aggravata nei confronti dello Stato per ottenere fondi pubblici  attraverso il contratto privatistico  firmato con l’Unire (Unione nazionale per l’incremento delle razze equine), soldi che sarebbero stati usati anche per scopi diversi, e poi di aver versato solo alcune rate di un programma di pagamento concordato con Equitalia per saldare i debiti accumulati durante la gestione. Sulla base di questi elementi, nel 2014  era scatto il sequestro da parte della Guardia di finanza di beni per 57 milioni nei confronti dell’imprenditore e dei componenti del Cda, ma annullato dai giudici del tribunale del Riesame e successiva conferma del dissequestro da parte della Corte di Cassazione perché alla base del provvedimento, adottato dopo quattro anni  senza che Papalia e il suo avvocato Giandomenico Caiazza potessero accedere agli atti del fascicolo fino a quando la procura non era stata obbligata a rendere note le carte in sede di appello - c’era stata un’errata ricostruzione della situazione. I giudici del Riesame furono netti:  La società aveva già pagato 19 rate della rateizzazione concordata del debito fiscale, e non solo 5 come ipotizzato dalla procura. I reati configurati nell’inchiesta della Guardia di finanza, pertanto, non sono ravvisabili e tutto quanto è stato confiscato va restituito agli indagati”. La conferma della Cassazione aveva azzerato l’indagine e condotto al proscioglimento di Papalia e degli altri indagati da parte del giudice delle indagini preliminari senza la necessità di affrontare un processo.

La bancarotta

L’odissea, però, non era finita. Quattro anni di inchiesta avevano messo in crisi le tre società cessionarie dei rami d’azienda Ippodromi Fiorentini spa, Tor di Valle srl e Ippodromo Agnano spa, incaricate di gestire gli ippodromi di Le Cascine, Tor di Valle e Agnano, che secondo l’inchiesta toscana erano state utilizzate per occultare i debiti con Equitalia. L’interruzione di ogni pagamento da parte dell’Unire aveva finito per provocare una grave crisi di liquidità e il fallimento fu l’inevitabile conseguenza. Al processo di Napoli, i giudici della quarta sezione penale hanno accolto in pieno le tesi della difesa secondo cui il dissesto non era stato causato da una mala gestione da parte degli amministratori, bensì da errori e ricostruzioni sbagliate effettuate sull’operato della Ippodromi & Città quindici anni prima dagli inquirenti a Firenze. Il Riesame e la Cassazione l’avevano messo nero su bianco già nel 2014, ma sono serviti altri dieci anni per arrivare a scrivere la parola fine.