
Otto anni trascorsi a ricoprire la funzione di presidente della sezione penale del tribunale, poi per alcuni mesi quella di giudice già svolta in precedenza nei tribunali di Viterbo e Roma, dopo l’inizio come sostituto procuratore a Vibo Valentia (1990) e di pretore nella Tuscia (1993), prima di approdare nel 2016 a Rieti. Una lunga permanenza, che si è chiusa per proseguire a Roma dove ricoprirà nuovamente l’incarico di presidente di sezione penale. A piazza Bachelet Carlo Sabatini sarà ricordato per il solido rapporto costruito con l’intero ambiente giudiziario, soprattutto con gli avvocati, suoi frequenti interlocutori quando si è trattato di affrontare l’emergenza Covid e le conseguenze che ha provocato sullo svolgimento del lavoro, come anche quando un’altra emergenza, nata dall’organico falcidiato da trasferimenti e congedi, l’ha visto ricoprire contemporaneamente tre ruoli (Gip, presidente del collegio penale e presidente facente funzioni del tribunale) per tamponare le assenze. Lascia Rieti in un momento in cui ci sono da stabilizzare alcune situazioni, a partire dalla necessità di garantire continuità al settore del Lavoro (tre titolari si sono alternati in meno di due anni) e in attesa della nomina del nuovo presidente in sostituzione di Pierfrancesco de Angelis, funzione che fino a quel giorno vedrà la supplenza di Costantino De Robbio che ha raccolto il testimone da Sabatini.
In tribunale è andato in scena il tradizionale saluto che accompagna sempre la partenza di un magistrato, privo di retorica, che ha lasciato spazio a un sincero apprezzamento del lavoro svolto dal giudice, salutato dai colleghi, dal personale degli uffici, dai rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell'ordine, e dagli ex presidenti Pierfrancesco de Angelis e Mario Bresciano, tornati appositamente a piazza Bachelet per l’occasione, dalle giovani toghe giunte a Rieti nel 2018 per ricoprire il primo incarico, che hanno trovato in Sabatini sostegno e consigli. Poi, ancora, l’attestato ricevuto dai diversi organismi che compongono il foro, niente affatto scontato, ma guadagnato sul campo. Puntuale nella conduzione dei processi collegiali e monocratici, nemico delle strategie che allontanano la verità più che avvicinarla, ha legato il suo nome a molti processi importanti, ma soprattutto al primo procedimento nato per l’accertamento delle responsabilità umane come concausa dei crolli che nel terremoto di Amatrice del 2016 provocarono morte e devastazione. La sentenza di condanna emessa contro cinque imputati per le vittime di piazza Sagnotti, dove vennero giù le fragili palazzine ex Iacp, viziate da difetti di costruzione che le perizie hanno evidenziato, ha retto fino alla Cassazione, diventando definitiva.