Lascia il tribunale di Rieti il giudice del lavoro Rosario Carrano, per prendere servizio dal 1 giugno al Tar del Lazio, il quarto degli otto magistrati vincitori di concorso che, tra il 2018 e il 2019, avevano prestato giuramento a piazza Bachelet davanti al presidente Pierfrancesco de Angelis. Oggi, di quella pattuglia dimezzata di giovani toghe, restano a piazza Bachelet Francesca Sbarra, Monica Della Fina, Alessio Marinelli e Giorgia Bova, quest’ultima destinata a ricoprire il posto di Carrano, magistrato che al primo incarico della carriera è riuscito comunque a raccogliere un ampio consenso da parte dell’avvocatura attorno alla sua attività.
Ma, soprattutto, ha saputo mantenere - e questo è avvenuto in continuazione con l'opera dei giudici che l’hanno preceduto alla guida dell’ufficio, a cominciare da Paola D’Ovidio, pretora del lavoro fino al 1999 e oggi consigliera del Csm, poi Claudia Canè e Valentina Cacace – il buon livello giuridico del tribunale di Rieti, nonostante il non elevato contenzioso, arrivando a pronunciare sentenze di interesse anche nazionale. Apprezzato per la correttezza con cui ha saputo gestire i rapporti con gli avvocati e l’equilibrio mostrato nella conduzione delle cause, Carrano si è occupato molto di vertenze relative alla pubblica amministrazione e di licenziamenti aziendali, campo quest'ultimo particolarmente delicato per essere stato oggetto di continui interventi legislativi, cominciati con il Jobs Act e il decreto Dignità, e sottoposti oggi a ulteriori modifiche dopo i provvedimenti in tema di assunzioni e lavoro assunti dal governo Meloni, dei quali però Carrano non avrà l’opportunità di occuparsi.
Nuovo contenzioso
In precedenza, il giudizio del magistrato era stato chiaro sui cambiamenti del contenzioso legato al lavoro e, soprattutto, sull’ormai tramontato articolo 18 previsto dallo Statuto dei lavoratori: “Il sistema delle tutele contro i licenziamenti illegittimi è radicalmente mutato, tanto che si è verificato un ribaltamento del rapporto tra regola ed eccezione. Infatti, quella che un tempo era la regola, ossia la reintegrazione nel posto di lavoro, oggi è diventata un’ipotesi eccezionale, mentre l’applicazione dell’indennità risarcitoria è stata elevata a regola generale e le sanzioni applicabili sono state graduate in ragione della diversità e della gravità dei vizi del licenziamento. Inoltre, gli interventi legislativi hanno previsto un sistema di tutele estremamente complesso e frastagliato, con notevoli difficoltà per gli operatori del diritto per quanto riguarda i criteri per la quantificazione delle indennità risarcitorie. Così, è mutato anche il tipo di cause. Una buona parte del contenzioso è costituita dalle cause per differenze retributive derivanti, ad esempio, dallo svolgimento di un maggior orario di lavoro rispetto a quello previsto nel contratto oppure dalla mancata applicazione dei minimi salariali previsti dai contratti collettivi nel caso di lavoratori non regolarizzati, il cosiddetto lavoro “nero”, soprattutto per quanto riguarda il lavoro domestico e di camerieri e baristi”.