Il processo penale da remoto è stato mal digerito, anzi opposto, dagli avvocati, che sono stati costretti ad adeguarsi in nome dell'emergenza sanitaria, ma non potrà durare per sempre. La presidente della Camera penale di Rieti, Morena Fabi, intervistata dal nostro sito GiustiziaRi, è stata netta: "Riteniamo assolutamente necessario salvaguardare la struttura del processo penale fondata sul contraddittorio, almeno nell'acquisizione della prova e nella discussione. Siamo contrari ad ogni provvedimento normativo che tenta di violare i principi basilari del processo penale, quelli dell'oralità e della immediatezza, che presuppongono una fisicità della sua celebrazione che non può essere eliminata neanche in presenza di condizioni di pericolo per la salute pubblica".
L'intervento
Una riflessione autorevole su questo tema arriva dal magistrato Ugo Paolillo, ex consigliere pretore e procuratore della repubblica di Rieti: "A proposito della presa di posizione della Camera Penale di Rieti nei confronti del processo da remoto, ricordo che un collega di Milano, ai tempi in cui lavoravamo alla Procura, se ne uscì con un pronostico al quale non detti peso, considerandolo una battuta: "Verrà il giorno in cui, per contribuire a risolvere l'inefficienza del sistema giudiziario, interverrà un marchingegno dove introdurre le richieste delle parti per ottenere la sentenza". Certo, dal processo da remoto, fino a giungere alla macchina sforna sentenze c'è molta strada, ma il processo da remoto potrebbe rivelarsi il punto di partenza. In questa prospettiva, la presa di posizione della Camera Penale è comprensibile, quando si apre a certe innovazioni non si sa mai".
Procedura anomala
"Attualmente, il processo da remoto è giustificato dall'esigenza di concorrere con tre misure ad attenuare il clima di emergenza provocato dal corona virus. Ma, cessata l'emergenza, questa forma processuale anomala avrà un futuro pur con tutti i praticabili correttivi? Non dovrebbe, salvo a trovarsi a fronteggiare altra emergenza dietro l'angolo. I più concepiscono la giustizia come un mondo indifferente o non partecipante all'accelerazione subita in questi anni dalla società. La perdurante inadeguatezza dell'apparato giudiziario ad operare con la dovuta efficienza è alla base della crisi della giustizia, avvertita dagli addetti ai lavori, dal cittadino che, nel civile e nel penale, è coinvolto nella lungaggine delle cause e dalla gente".
"D'altra parte, il problema non è solo la scelta di misure che mettano d'accordo efficienza e garantismo, ma la tempestività di queste scelte, prima che il sistema collassi in una nuova emergenza, diversa dal corona virus. Diversamente, prima o poi, torneranno ad affacciarsi alla ribalta della storia dottrine che estremizzando principi della difesa sociale, per molti aspetti condivisibili, resero efficientissima la giustizia nella Germania degli anni 30. Evidentemente, con un tasso di garanzie ridotto al lumicino. Da notare che i teorici di queste dottrine furono illustri professori di formazione liberale, come Metzger, Welzel, Bockelman".