Vent’anni fa, il 25 gennaio 2001, scompariva Italo Carotti, penalista che più di altri è stato capace di incidere un solco profondo nell’avvocatura, protagonista di processi locali e nazionali, vissuti a fianco di celebri colleghi, da Giansi a Gaito, per finire a Giuliano Vassalli, l’amico giurista diventato presidente della Consulta e ministro della Giustizia, fonte di insegnamento per tanti allievi che devono a lui i primi successi ottenuti nella professione. Uno di loro, Michele Balacco, scomparso nel 2018, raccontava sempre dell’incontro che per lui segnò la svolta: “Venivo da Molfetta e non avevo punti di riferimento precisi, così mi propose di fare il praticante nel suo studio, dove ero andato per accompagnare un professore universitario. Era una persona bonaria, mi ha dato molto sul piano umano e da lui ho ricevuto gli insegnamenti più preziosi che mi hanno fatto appassionare al penale”.
Maestro di oratoria
Un principe del foro, maestro dell’arte oratoria, che durante le arringhe finiva per affascinare nelle aule di giustizia giudici e avversari, senza mai, però, oltrepassare i limiti imposti dalla corretta dialettica quando si trattava di affrontare i casi più scabrosi. Uno stile tutto teso a far primeggiare il diritto rispetto ad altri aspetti di maggiore effetto, come nel processo in cui fu chiamato a difendere un impiegato di banca che aveva sterminato l’intera famiglia, moglie e due figli piccoli.
Non fu impresa semplice sostenere davanti alla Corte di Assise una tesi per strappare attenuanti a favore dell’omicida, senza offendere la memoria delle vittime e rispettare l’onore delle parti civili. Quel processo si concluse con il riconoscimento dell’infermità mentale all’imputato, che evitò il carcere finendo in un istituto manicomiale per alcuni anni, e leggenda narra che qualche tempo dopo il giudice Falco, presidente della Corte che aveva giudicato il bancario, confidò a Italo Carotti, incontrandolo a Roma, di aver conservato il testo della sua arringa talmente ne era rimasto colpito.
Il cinema
Uno dei processi più celebri a cui Italo Carotti prese parte come avvocato, celebrato contro un funzionario delle Dogane di Terni accusato di aver sottratto quasi un miliardo di lire di soldi pubblici, fu fonte di ispirazione anche per uno degli episodi del film “Totò contro i quattro”, diretto dal regista Steno (padre dei fratelli Enrico e Carlo Vanzina) girato nel 1963 e sceneggiato da Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi, basato su fatti di cronaca realmente avvenuti.
Uno di questi riguardò proprio il caso dell’ispettore Cesare Mastrella - interpretato da Nino Taranto alias Mastrelli, con Totò che vestiva i panni di un commissario di polizia - che occupò a lungo le cronache nazionali, soprattutto per i retroscena a sfondo rosa svelati dallo scandalo che coinvolse, come imputate, anche la moglie e l’amante del funzionario. L’avvocato Carotti difese un altro dei personaggi rinviati a giudizio insieme a Mastrella e signore, un’arringa, stando alle cronache dell’epoca, capace di stregare il pubblico che seguiva il dibattimento. Il successivo film di Steno contribuì, poi, a consegnare agli archivi della storia l’intera vicenda processuale, ricordata in libri e trasmissioni televisive.
Le pause
Celebri erano diventate le pause in tribunale, vissute in attesa della sentenza dei giudici ritirati in camera di consiglio dopo la discussione, che richiamavano colleghi anche dalle altre aule. L’avvocato Olinto Petrangeli conserva un ricordo nitido di quei momenti: “Sentirlo parlare e raccontare era un piacere, instancabile nel citare aneddoti, tanto che non disdegnava di recitare un canto intero dell’Ariosto oppure di raccontare piccole storie di vita vissute. L’attesa per il verdetto si trasformava così in una festa, più che in un disagio, perché a volte trascorrevano ore. Italo Carotti resta per me centrale, è stato un maestro di vita con il quale ho condiviso anche la passione per la politica nel partito socialista, lui capogruppo in consiglio comunale e poi segretario, io assessore ai Lavori Pubblici”.
Quarta generazione
Italo Carotti ha tracciato un solco professionale percorso dal figlio Pietro (stesso nome del nonno), mentre l’altro Giuliano ha sposato il civile, e sul quale si sono incamminati i nipoti Italo e Filippo, la quarta generazione di una dinastia di avvocati completata dalle civiliste Nicoletta e Paola.