Una truffa studiata a tavolino, e per portarla a termine gli ideatori avevano pensato che non c’era di meglio che usare i dati dell’auto di un sacerdote della Diocesi di Rieti, il quale, ignaro di tutto, si è visto imputare la responsabilità di un sinistro stradale che, in realtà, aveva coinvolto altri automobilisti che avrebbero così incassato dalla compagnia di assicurazione del religioso il risarcimento per i danni riportati da una delle vetture realmente incidentate. Galeotta è stata, però, la denuncia inoltrata da un carrozziere reatino nella quale venivano indicati luogo e cause dell’incidente, ma al posto della vettura che aveva provocato il sinistro era stata indicata la macchina del sacerdote sfruttando il fatto che era stata sottoposta nei mesi precedenti a un intervento di riparazione dal medesimo carrozziere e nessuno avrebbe nutrito sospetti. Il diavolo, però, fa le pentole ma non i coperchi, e così a far scoprire il singolare tentativo di frode assicurativa è stato l’agente della compagnia che aveva ricevuto la denuncia, il quale ha contattato per avere ulteriori informazioni il suo cliente, cioè il prete, caduto però dalle nuvole, ed è bastato poco per far venire a galla la verità.
La storia
Protagonisti della storia, che ha dato vita a due processi, sono due carrozzieri e un commerciante di Terminillo. Storia iniziata nel 2018, culminata con tre condanne in tribunale a Rieti, ma parzialmente riformata in Corte di Appello con la sola assoluzione dell’imprenditore risultato estraneo a ogni accusa, mentre per uno dei carrozzieri è arrivata la conferma della condanna a sei mesi per frode assicurativa, riportata in primo grado dopo il giudizio affrontato con rito abbreviato, mentre il presunto complice, che a Rieti era stato condannato dopo il rito ordinario, sarà processato a gennaio. Intanto, il commerciante, titolare al Terminillo di un negozio di abbigliamento, (assistito dall’avvocato reatino Francesco Inches) può finalmente considerarsi fuori da una vicenda che, suo malgrado, l’aveva coinvolto dopo che un’auto, uscendo dal parcheggio, era slittata sul ghiaccio finendo contro la sua macchina, regolarmente parcheggiata a Pian dè Valli. Un incidente fortuito, subito ricomposto da uno dei due carrozzieri che era alla guida della vettura responsabile del sinistro, con l’accordo di compilare il modello di constatazione amichevole da presentare poi alla compagnia di assicurazione. Ma il carrozziere, con la presunta responsabilità del secondo artigiano, aveva riportato nel documento gli estremi di un’Alfa Romeo, diversi da quelli della propria macchina responsabile del sinistro, di proprietà invece di un religioso, riparata nell’officina di uno dei due coimputati dopo un precedente incidente. Quando la pratica stava per essere liquidata, la compagnia si è resa conto di alcune discrepanze e ha avvertito il sacerdote-cliente, che ha confermato di non aver mai causato incidenti al Terminillo, e il tentativo di frode è stato scoperto e bloccato. I momenti peggiori, però, li ha vissuti il commerciante, danneggiato e processato.
La sentenza
In tribunale, nonostante due testimoni oculari dell’incidente e la perizia attestante i danni riportati dalla vettura parcheggiata (poco meno di mille euro), era stato ritenuto dal giudice ideatore con gli altri due della truffa congegnata su un falso incidente stradale e, per questo, condannato a otto mesi . Diverso lo scenario in appello: le testimonianze sono state rivalutate e la rivisitazione di altri elementi, chiesta dall’avvocato Inches, ha consentito ai giudici di stabilire che la sentenza di condanna si era fondata sull’errato presupposto che l’incidente, come sosteneva l’accusa, in realtà non era mai avvenuto. Questo ha consentito di separare le posizioni degli imputati: commerciante-vittima assolto “per non aver commesso il fatto”, condanna invece confermata per il carrozziere investitore, autore della tentata truffa.