Lavoratori licenziati, quando il reintegro in azienda diventa l'eccezione

04/11/2020
Il tribunale
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Le cause promosse invocando l’articolo 18 a tutela dei lavoratori colpiti da licenziamenti ingiusti e comportamenti antisindacali, sono ormai un lontano ricordo. Oggi, nel tribunale di Rieti, come altrove, i procedimenti avviati per ottenere il reintegro in azienda di un dipendente licenziato sono stati soppiantati da altre procedure e le sentenze prevedono, quasi sempre, il riconoscimento di ristori economici a favore del ricorrente o transazioni tra le parti.

Tutele cambiate

Spiega Rosario Carrano, salernitano, 34 anni, uno dei giovani magistrati arrivati a piazza Bachelet tra il 2018 e il 2019, erede dell’ufficio occupato per anni dalla giudice Valentina Cacace e, prima ancora, da Claudia Canè: “Il sistema delle tutele dei lavoratori contro i licenziamenti illegittimi è radicalmente cambiato, tanto che si è verificato un ribaltamento del rapporto tra regola ed eccezione. Infatti, quella che un tempo era la regola, ossia la reintegrazione nel posto di lavoro, oggi è diventata un’ipotesi eccezionale, mentre l’applicazione dell’indennità risarcitoria è stata elevata a regola generale. Il cambiamento è recente, se si considera che le tutele previste dallo Statuto dei lavoratori sono rimaste immutate fino all’entrata in vigore della riforma Fornero che, oltre ad introdurre un rito speciale solo per le impugnazioni dei licenziamenti, ha modificato l’articolo 18 riducendo la possibilità del reintegro e superando il principio della stabilità del posto di lavoro.

Mentre prima la sanzione della reintegra si applicava in ogni caso di licenziamento illegittimo, a seguito della modifica dell’articolo 18 le sanzioni applicabili sono state graduate in ragione della diversità e della gravità dei vizi del licenziamento. Inoltre, con i più recenti interventi legislativi (Jobs Act e Decreto dignità) ne è derivato un sistema di tutele estremamente complesso e frastagliato, con notevoli difficoltà per gli operatori del diritto per quanto riguarda i criteri per la quantificazione delle indennità risarcitorie”.

Nuovo contenzioso

Tramontato l’articolo 18, è mutato anche il tipo di cause. Il giudice Carrano rileva come “una buona parte del contenzioso è costituita dalle cause per differenze retributive derivanti, ad esempio, dallo svolgimento di un maggior orario di lavoro rispetto a quello previsto nel contratto oppure dalla mancata applicazione dei minimi salariali previsti dai contratti collettivi nel caso di lavoratori non regolarizzati, il cosiddetto lavoro “nero”, soprattutto per quanto riguarda il lavoro domestico e di camerieri e baristi.

Tuttavia, un dato caratterizzante è costituito dall’interposizione fittizia di manodopera allorquando un lavoratore viene assunto alle dipendenze di un soggetto ma, in realtà, presta la propria attività per un diverso datore di lavoro che effettivamente utilizza la sua prestazione. Tale fenomeno si riscontra principalmente nell’ambito dei servizi di call center e, soprattutto, nel settore della grande distribuzione, con particolare riferimento ai servizi della logistica e dei trasporti, dove facchini e autisti passano formalmente da una cooperativa all’altra, pur continuando a svolgere la stessa attività lavorativa presso il vero datore di lavoro si cela dietro un fittizio contratto di appalto con le varie cooperative che si succedono negli anni”.

Stop ai giudizi collettivi

Gli avvocati lavoristi si sono adeguati ai cambiamenti legislativi. Federico Fioravanti è un legale di lunga esperienza: “Con il venir meno dei grandi insediamenti produttivi nel Reatino, sono scomparsi i giudizi collettivi che dagli anni ‘70 avevano avuto ad oggetto conflitti per il riconoscimento di diritti collettivi, istituti retributivi, trattamenti mansionari nella gestione del rapporto ed il contenzioso ha finito per diventare di tipo individuale. A contrapporsi sono singoli lavoratori contro imprese di piccole dimensioni per rivendicazioni salariali o per vicende legate alla cessazione del rapporto, con strascichi soprattutto indennitari a seguito delle modifiche apportate all’articolo 18.

Una interessante “appendice” legata ai tramontati grandi insediamenti produttivi si è avuta in questi ultimi anni col contenzioso che ha visto ex dipendenti proprio di quelle industrie contrapporsi all’Inps per conseguire benefici pensionistici per l’esposizione all’amianto. Infine, permane un contenzioso in ambito di impiego pubblico che negli scorsi anni è stato connotato da controversie per rapporti di lavoro “atipico”, come Lsu, Co.co.co., contratti a termine, ed attualmente su questioni inerenti l’attribuzione di funzioni, valutazioni performance, spostamenti e più raramente di tipo concorsuale”.

L'avvocato Ludovici: "Accordi stragiudiziali"

Nuovo processo del lavoro che rappresenta, comunque, una palestra per avvocati di ultima generazione come Gianluca Ludovici: "Ci sono stati cambiamenti soprattutto sotto il profilo dell'accesso agli organi di giustizia o, meglio ancora, sotto il profilo della fiducia che le aspiranti parti di un giudizio laburistico mostrano di avere nei confronti dei tribunali e delle corti che dovrebbero giudicarle. Come tutti gli altri settori dell'ordinamento, infatti, l'ambito delle controversie di lavoro, di previdenza e di assistenza sconta il gravissimo difetto di non garantire la certezza del diritto: a fronte di orientamenti giurisprudenziali eccessivamente ondivaghi, repentini e pronunce non necessariamente in linea con i criteri interpretativi, chi dovrebbe accedere alla giustizia laburistica tende a preferire, ove possibile, soluzioni di compromesso con la controparte in sede di Ispettorato del Lavoro o in sede di accordo sindacale. Nonostante il carico di lavoro dei magistrati italiani in materia di lavoro e previdenza sia sempre elevato, l'incertezza circa gli esiti dei giudizi e la prevedibilità delle decisioni incide sensibilmente sulla volontà di ricorrere agli organi giurisdizionali”.