La riforma sulla giustizia, proposta dalla ministra Marta Cartabia, deve ancora essere approvata in via definitiva dal Senato, dopo il primo via libero ottenuto alla Camera al termine di un duro confronto tra le diverse forze politiche che compongono il governo guidato da Mario Draghi, che un nuovo ostacolo si profila all’orizzonte per quanto riguarda l’altra attesa riforma, quella chiesta dall’Europa e calata nel Pnrr, relativa al processo civile e al cui varo è legata l'erogazione di fondi comunitari.
Il cammino, che si prevedeva meno accidentato di quello che ha accompagnato il penale, sta invece evidenziando la decisa opposizione all’approvazione del provvedimento da parte dell’Unione nazionale delle Camere civili, l’associazione maggiormente rappresentativa degli avvocati civilisti italiani, presieduta a Rieti dall’avvocato Francesco Maria Palomba, che esprime la propria ferma contrarietà all’impianto della riforma del processo civile, come sta emergendo dal testo emendato in Commissione Giustizia al Senato.
La critica
Il presidente nazionale, Antonio Di Notaristefani, attacca: “Il ministero della Giustizia, pur avendo preso atto della fondatezza delle critiche secondo cui preclusioni e decadenze riducono l’equità dei processi, ma non la loro durata, ha adottato una soluzione del tutto errata ad un problema grave e serio, riesumando il modello del vecchio processo societario, già sperimentato nel passato con esiti disastrosi, e soppresso con un consenso unanime dopo soli sei anni per la sua incapacità di rendere efficiente il funzionamento della giustizia civile, soprattutto nei giudizi con pluralità di parti, che sono una quota rilevante del totale. Le Camere civili – sottolinea il presidente - ribadiscono la loro disponibilità a fornire un contributo tecnico per l’individuazione di soluzioni che possano rendere i processi davvero più efficienti, ma allo stesso tempo esprimono la propria ferma contrarietà a qualsiasi colpo di mano sulla riforma del processo civile, che appartiene a tutti, ed in primo luogo ai cittadini, e potrà funzionare davvero soltanto se la sua disciplina nascerà dalla condivisione tra coloro che dovranno poi applicarla”.
L’associazione degli avvocati civilisti annuncia, poi, di declinare ogni responsabilità per l’inevitabile fallimento della riforma, preannunciato da tutti gli esperti sulla base delle passate esperienze, anche nella prospettiva europea di riforme calate dall’alto senza avere un’effettiva conoscenza della realtà dei Tribunali italiani e delle condizioni in cui magistrati ed avvocati sono costretti ad operare.