Senza la stipula di un regolare contratto, i crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione non hanno titolo per essere liquidati, ed è irrilevante se c’è una delibera che autorizza la stipula, se poi tale decisione non è formalizzata da un atto scritto. E’ la conclusione raggiunta dal tribunale di Rieti con una sentenza emessa al termine di un processo, durato cinque anni, nato sull’opposizione presentata a un decreto ingiuntivo ottenuto contro il Comune di Rieti dalla società cooperativa Quadrifoglio di Pinerolo (Torino), che rivendicava il pagamento di 960 mila euro (con l’aggiunta degli interessi) per l’attività svolta, tra il 2009 e il 2015, in relazione alla gestione degli asili nido comunali. Ma la richiesta è stata respinta in toto dalla giudice Barbara Vicario, che ha pure revocato il decreto ingiuntivo precedentemente emesso dal tribunale.
Le motivazioni
Nelle motivazioni della sentenza, viene evidenziata proprio “la mancata produzione delle prove, da parte della società, sul contratto sottoscritto con il Comune, né sono stati esibiti gli atti di gara prodromici, il che non consente neppure di valutare come hanno operato le proroghe o i rinnovi e rende impossibile verificare se le parti avessero espressamente previsto di prolungare l’accordo”. Conclusioni raggiunte dalla giudice Vicario sulla base di una consolidata giurisprudenza esistente in materia, ma anche prendendo in riferimento una recente decisione della Cassazione (510/21) che ha ribadito come “la conclusione di un contratto in cui è parte la pubblica amministrazione, richiede la forma scritta ad substantiam ed è irrilevante l’esistenza di una deliberazione dell’organo collegiale che abbia autorizzato la stipula. La deliberazione, infatti, non costituisce una proposta contrattuale, ma un atto con efficacia interna all’ente pubblico. Con tale pronuncia, la Cassazione ha anche ribadito che il contratto stipulato con la pubblica amministrazione è nullo sia per difetto della forma scritta, sia quando la delibera di conferimento dell'incarico non è accompagnata dall'attestazione della necessaria copertura finanziaria”. In buona sostanza, “non è stato instaurato un valido rapporto contrattuale con l’ente e da questo ne consegue l’insussistenza per la cooperativa di agire contro l’amministrazione”.
Il tribunale non ha poi riconosciuto alcun valore alle intese transattive e agli scambi di lettere intercorsi tra la società cooperativa e dirigenti comunali, finalizzati a prorogare alcuni servizi dei quali era stata chiesta la disponibilità alla cooperativa piemontese, il cui rapporto con il Comune di Rieti era iniziato nel 2007. In buona sostanza, “non è stato instaurato un valido rapporto contrattuale con l’ente e da questo ne consegue l’insussistenza per la cooperativa di agire contro l’amministrazione”. Eppure, la Quadrifoglio i servizi li aveva regolarmente svolti, tanto da richiedere il saldo delle prestazioni con l’emissione di diverse fatture nel 2009, nel 2012 e, infine, nel 2015, fino a raggiungere la cifra reclamata. Cifre calcolate a conguaglio e contenenti l’adeguamento dei prezzi di appalto all’aumento del costo del lavoro, dopo il rinnovo del contratto di lavoro delle cooperative sociali approvato nel 2008.
I 960 mila euro del credito (ormai lievitati abbondantemente oltre il milione) la Quadrifoglio non li ha avrà neppure dai terzi chiamati in causa, in carica durante il periodo in cui è maturato il credito (gli ex amministratori Simone Petrangeli, sindaco dal 2012 al 2017, Emanuela Pariboni, vice sindaca, e Stefania Mariantoni, assessora ai Servizi Sociali, nonché degli ex dirigenti Nazzareno Zannetti, Vito Dionisi e Domenico Cricchi), in quanto la loro citazione è stata ritenuta inammissibile. La cooperativa è stata poi condannata a pagare quasi 70 mila euro per le spese giudiziali sostenute dai terzi chiamati in causa, e le spese processuali.