“Per una donna? L’attività di avvocato è tutta in salita”, amava sempre ripetere Maria Giuseppina Truini Palomba, la prima nella storia del foro di Rieti a indossare la toga e a dare il via alla rivoluzione della professione in chiave femminile, insieme alle colleghe Elena Fiordeponti, Maria Antonia Marcucci e alla sabina Franca Montiroli, vivendo in prima persona tutte le trasformazioni che l’hanno accompagnata dagli anni 70 in poi. Se n’è andata a 86 anni, dopo una carriera ultracinquantennale, per la quale aveva anche ricevuto la toga d’oro nel 2014 dal Consiglio dell’Ordine di Rieti. Quel giorno, nell’aula Caperna del tribunale, il riconoscimento gli fu attribuito, oltre che a lei, allo scomparso Nedo Petrucci (ritirato dal nipote avvocato Massimo) e a Mario Vernile, e fu tutto un fiorire di ricordi e aneddoti. Storie che affondavano alle radici dell’avvocatura reatina, dove Maria Giuseppina Truini aveva mosso i primi passi come praticante legale nello studio dell’avvocato Fulio Giulio Bragoni, futuro presidente dell’Ordine forense.
La carriera
Donna e professionista molto impegnata, ha ricoperto nel corso del suo percorso di vita lavorativa molti incarichi, a partire da quello di vice pretore a Rieti (1974-1986), fino a componente della Camera penale (vice presidente), della Camera civile (della quale è stato membro fondatore e presidente, oggi sostituita in quell’incarico dal figlio Francesco Maria Palomba, che insieme alla sorella Giovanna ha seguito le orme materne), quindi presidente supplente di una sezione della Commissione tributaria, componente dell’associazione Giuriste Italiane, che le hanno consentito di entrare a far parte, dal 1995, dell’annuario internazionale Who’s Who in the World.
Esperta in diritto di famiglia, la Truini ha affrontato centinaia di cause di separazioni legali, divorzi e adozioni, impegnandosi in modo particolare sul fronte della violenza di genere quando i casi, negli anni 80, cominciarono ad aumentare e fu chiamata ad assistere, come legale di parte civile, donne vittime di abusi sessuali e soprusi. “La maggior parte delle violenze si registra in ambito familiare, ma anche nel mondo del lavoro sono in aumento gli episodi” affermò l’avvocata al termine di un processo in cui venne condannato un padre che molestava la figlia minorenne, e le sue previsioni sono state confermate nel corso degli anni dalla crescita dei femminicidi e di altri reati come lo stalking, commessi verso la figura femminile.
Ma dell’avvocata scomparsa sarà ricordata anche la grande passione per la gastronomia, tanto da essere autrice di un libro sulle ricette sabine che riscosse un grande successo. A scriverlo, dopo un lavoro filologico condotto con perizia, ci arrivò dopo aver recuperato vecchi quaderni tarlati, sui quali venivano annotati i condimenti dei piatti tipici locali. Rielaborò il tutto e ne venne fuori una guida che, ancora oggi, resta preziosa testimonianza di quella che è la tradizione culinaria del Reatino.
I ricordi
Ricordava, con piacere, sempre due presidenti che si sono succeduti alla guida del tribunale, Marcello Chiattelli e Enrico Pernice, e poi il giudice Lilio Baratti, “dei quali ho potuto apprezzare modi e signorilità”, ma era anche amareggiata da un ambiente che, nel corso degli anni, era andato trasformandosi nella direzione che lei non avrebbe voluto. “Non c’è più l’affiatamento tra i colleghi, forse dovuto al numero crescente degli iscritti e a esigenze sempre più stringenti – rimarcava – ma questo non fa bene all’avvocatura, perché si sono persi valori e sentimenti sui quali si fondavano i rapporti”. Ma, su un aspetto del lavoro di avvocato, era certa di non sbagliare: “Raccolgo pareri, da più parti, che la professione oggi è peggiorata, ma non sono d’accordo. Se vali, quello che fai ti sarà riconosciuto”.