Il “jolly” della Polizia di stato appende la divisa al chiodo, quarant’anni di servizio possono bastare, anche se la pensione, c’è da giurarci, andrà stretta a Maurizio Faraglia, poliziotto professionalmente cresciuto a Rieti ed elemento di forza dei vari reparti della Questura dove ha prestato servizio, dalla Squadra Mobile alla Digos, alla squadra Volante, dove era stato assegnato dopo aver ottenuto il trasferimento dalla questura di Terni, per finire all’attività investigativa svolta a supporto di delicate indagini. Conosciuto simpaticamente come “Moffa”, appellativo con cui un po’ tutti lo chiamavano (e continueranno a farlo), Faraglia, per molti anni ha fatto parte di una squadra storica della polizia reatina, quella sezione della Mobile diretta da Giacomo Sciannameo, insieme a colleghi con i quali aveva diviso il primo periodo trascorso alla scuola di addestramento di Alessandria, ritrovati a Rieti dopo aver seguito percorsi iniziali diversi, che rispondevano ai nomi di Lutanno, Rotili, Pirri, solo per citarne alcuni. Indagarono sui primi casi di usura nel Reatino, sui traffici di droga che cominciavano a interessare la città negli anni 90, con arresti e sequestri di sostanze, su clamorose rapine alle banche, arrivando a individuare molti responsabili. Lo ritroviamo, Maurizio Faraglia, a fianco della dirigente della Mobile Grazia Sicuro, lungo i tornanti della strada per Leonessa alla ricerca di elementi utili per fare piena luce sull’omicidio di Massimo Carpifave, l’ex consigliere comunale leonessano ucciso da un suo collaboratore e sepolto in fono a una scarpata, ma anche sul luogo di episodi di criminalità per raccogliere testimonianze e indizi preziosi utili alle indagini. Un impegno apprezzato dai dirigenti, un’attività a 360 gradi, di cui resterà sicuramente traccia, condotta con tenacia e rispetto per la divisa indossata.
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- Maurizio Faraglia, il "jolly" della Polizia di stato, dopo 40 anni appende la divisa al chiodo