E’ uno di quei processi che sembrano richiamare il clima che si respirava ai tempi delle preture, e ben tratteggiati da attori di successo in tanti film di un cinema ormai scomparso, quando in aula approdavano storie più comiche che giudiziarie, al punto che i dibattimenti finivano spesso per trasformarsi in momenti di pura ilarità. E’ il giudizio con cui si potrebbe definire, nel rispetto dei diretti protagonisti, una vicenda che ha visto finire davanti al tribunale di Rieti un uomo della provincia di Roma, rinviato a giudizio per truffa perché accusato di aver pagato un elettrodomestico da cucina con un assegno circolare fotocopiato su un foglio formato A-4, di quelli normalmente utilizzati in uffici e copisterie. E la vittima, per di più un commerciante, quindi avvezzo a operazioni di compravendita, aveva accettato quell’irrituale modalità senza battere ciglio, salvo poi accorgersi della sonora fregatura subita e cercare di correre ai ripari andando a denunciare il furbo cliente.
La sentenza
Alla sentenza si è arrivati sette anni dopo, e per la vittima, dopo la beffa, è arrivata anche l’assoluzione del presunto truffatore, pronunciata dal Got Loredana Giannitti “perché il fatto non sussiste”, seppur con il secondo comma, sostitutivo dell’ex insufficienza di prove. Già, perché la prova certa del raggiro e quindi dell’induzione in errore della parte offesa da parte dell’imputato, non è stata raggiunta in quanto quest’ultimo, come emerso nel corso del dibattimento, non aveva fatto nulla per ingannare il venditore e neppure aveva messo in atto gli artifizi contemplati dall’articolo 640 del codice penale. Più semplicemente, dopo aver concordato con il proprietario dell’elettrodomestico, un robot da cucina, l’ora e il luogo dell’incontro, gli aveva proposto come forma di pagamento quella fotocopia gigante di un assegno circolare di 750 euro e il commerciante aveva accettato dopo averlo visionato.
Falso grossolano
“Queste modalità – ha sostenuto l’avvocato Luigi Gianfelice, difensore dell’imputato – escludono i presupposti della truffa, semmai il mio cliente ha messo in atto un falso grossolano perché non si è mai visto in commercio un assegno della grandezza di un foglio A 4”. Il racconto della disavventura reso in aula dalla vittima ha (inevitabilmente) suscitato qualche garbato sorriso e molta comprensione, anche perché lui stesso ha candidamente ammesso che “era semplicemente un foglio dove non c’era pretagliatura, mi vergogno, era solo uno stampato”, precisando di aver filmato con una telecamera i passaggi dell'operazione e di aver fotografato anche la targa dell’auto del compratore.
Accorgimenti inutili, sia il robot che il nuovo proprietario era già lontani, tornati nel paese della provincia di Roma. Un comportamento dettato dall’ingenuità che, semmai, ha rilevato nella sua motivazione la dottoressa Giannitti, “presenta tutte le caratteristiche di un’inadempienza contrattuale di carattere civilistico, senza alcuna rilevanza penale”. Ma per l’ingenuo commerciante recuperare i soldi e cancellare la beffa appare destinato a restare solo un sogno.