Sei anni trascorsi senza poter più accogliere il pubblico, bloccata da un sequestro preventivo disposto dalla magistratura, fino all’epilogo del processo in Corte di Appello dove gli abusi edilizi commessi per trasformare vecchi edifici e opifici di largo San Giorgio in polo culturale, sono stati dichiarati estinti nel 2020 per l’intervenuta sanatoria. E per la biblioteca delle Officine Varrone si era spalancata la possibilità di riaprire le stanze, dove erano custoditi migliaia di libri (trasferiti altrove durante la lunga chiusura), alla frequentazione di studenti, appassionati di cultura e visitatori, così come aveva auspicato Antonio D’Onofrio, che non appena eletto alla presidenza della Fondazione Varrone, nel 2018, si era ripromesso di recuperare la struttura alla sua funzione originaria, tanto che il 5 marzo 2021, dopo il dissequestro, dichiarò: “Siamo stra-felici di riavere la biblioteca, certo, speravamo di trovarla in condizioni migliori. Ora ci aspettano importanti lavori di manutenzione”.
Invece, nel giro di neppure un anno, tutto è cambiato, la biblioteca di largo San Giorgio, in parte svuotata dei libri, non riaprirà più con le stesse funzioni, e questo è apparso un altro segnale di rottura del Cda uscente con le precedenti amministrazioni che l’avevano fortemente voluta. Un epilogo arrivato dopo che la Fondazione ha dovuto pagare complessivamente oltre 400 mila euro, a partire dalla sanatoria edilizia (154 mila euro) per il cambiamento di destinazione d’uso degli immobili, per l’ottenere i nulla osta ambientali e sismici, per risarcire i privati danneggiati dai lavori per realizzare la biblioteca, e spese legali legate ai diversi processi penali e civili. Soldi dei cittadini, provenienti dalla raccolta operata dalla Cassa di Risparmio di Rieti fino a quando è esistito il rapporto con la Fondazione, e che hanno pesato in un bilancio che, comunque, si è chiuso con il segno positivo. Le lungaggini dei tempi di definizione della vicenda giudiziaria, iniziata nel 2014 e terminata nel 2020, hanno poi contribuito a far venire meno l’interesse verso una totale riapertura.
Struttura superata
“E’ una struttura superata dai tempi - ha motivato D'Onofrio - alimentata con la donazione di fondi provenienti da privati, che in qualche caso abbiamo già provveduto a restituire. Oltretutto dovrebbe essere realizzato un impianto antincendio che non c’è, come relazionato dai vigili del fuoco, ma non abbiamo ancora deciso come verrà trasformata anche se ci sono giunte diverse proposte. Non posso, però, escludere una destinazione per le attività del polo universitario che necessita di altri spazi anche dopo l’apertura di Palazzo Aluffi, ma quello che è certo è che l’uso resterà pubblico, ma su questo deciderà il consiglio di amministrazione che si insedierà dopo di me”.
Il patrimonio librario
Eppure, quando la biblioteca fu sequestrata nell’ambito dell’inchiesta sugli abusi edilizi, insieme all’ex chiesa di San Giorgio (oggi diventata punto di ritrovo per eventi culturali e musicali) e ad altri immobili, furono in tanti a mobilitarsi a sostegno della riapertura. Addirittura, nacque anche un comitato di cittadini che lanciò una raccolta di firme e raccolse centinaia di adesioni quando i tempi per arrivare a una soluzione si stavano dilatando. Del resto, per l’allestimento erano stati acquisiti preziosi fondi privati, primo tra tutti quello di don Benedetto Riposati, il latinista che insegnò filologia classica all’università di Milano, che volle donare alla Cassa di Risparmio di Rieti la propria biblioteca che conta 20 mila libri, vincolando l’istituto alla proprietà esclusiva delle opere.
Per favorire una ricollocazione della preziosa raccolta, sta esaminando diverse soluzioni l’assessore alla Cultura del Comune di Rieti Gianfranco Formichetti, incaricato negli anni 80 proprio da don Riposati di riorganizzare le migliaia di pubblicazioni comprendenti anche volumi rari in greco e latino: “La sede ideale sarebbe sistemarla all’ultimo piano del complesso di Santa Lucia, che ospita attualmente la biblioteca dell’Arpa e che potrebbe trasferirisi nella sede di via Garibaldi, oppure nella sala polifunzionale. L’acquisizione consentirà di unire due patrimoni importanti, come la Paroniana e la Fondazione Varrone”.
Nelle stanze di largo San Giorgio erano poi custoditi il Fondo specialistico dell’antropologo Alberto Maria Cirese, ricercatore di fama nazionale, composto da 6 mila volumi (restituiti alla famiglia e collocati in un centro culturale a Roma), mèta di consultazione da parte di studiosi provenienti anche da fuori della provincia di Rieti, parte dei testi umanistici e teologici dello scomparso vescovo Lorenzo Chiarinelli, il Fondo Perini Bembo (4 mila libri), e di lasciti di altri donatori privati, con un patrimonio arricchito da edizioni librarie del 500, del 600, del 700 e dell’800, secondo la rilevazione effettuata dall’Anagrafe delle biblioteche nazionali.