E’ toccato a lui, Renato Laviola, ex pretore di Rieti, emettere in qualità di presidente di sezione della Corte di Appello la sentenza di secondo grado per il crollo delle palazzine Ater (ex Iacp) di piazza Sagnotti, ad Amatrice, che la notte del terremoto avvenuto nel 2016 provocò la morte di diciannove persone e il ferimento di molte altre. Il collegio di Roma ha confermato il giudizio di colpevolezza di primo grado del tribunale sabino - pronunciato nel 2020 dal giudice monocratico Carlo Sabatini al termine del primo di una serie di processi istruiti dalla Procura di Rieti (“Concause umane determinarono il crollo, dovuto a difetti di progettazione, di esecuzione e a reiterate omissioni nelle procedure di verifica delle opere”) - con le condanne inflitte nei confronti di due dei cinque imputati accusati di omicidio colposo plurimo, crollo colposo, disastro e lesioni, oltre al risarcimento dei danni per le parti civili. Altri due imputati erano deceduti prima dell’appello, per un terzo invece era stata dichiarata l’incapacità irreversibile di stare in giudizio.
L'attività
Un ideale incrocio di coincidenze ha ricondotto Laviola indietro di oltre trent’anni, quando arrivò a piazza Bachelet proveniente direttamente dal tribunale dei Minorenni di Ancona, dove era stato assegnato dopo aver vinto il concorso in magistratura. A Rieti ci rimase cinque anni, dal 1992 al 1997, un periodo molto intenso per i giudici, occupandosi di casi importanti istruiti dalla Procura circondariale, guidata da Giovanni Grassi con al fianco i sostituti Maria Vulpio e Bruno Iannolo, quali il processo che vide imputati 65 imprenditori edili rinviati a giudizio dal gip Claudio Cicchella per turbativa d’asta. La sua sentenza di assoluzione, motivata dal fatto che furono ritenute inutilizzabili le intercettazioni telefoniche che avevano consentito alla Finanza di portare alla luce una storia di tangenti legata agli appalti truccati in Provincia, rappresentò uno dei primi casi che sancirono un principio giurisprudenziale confermato da ripetute pronunce della Cassazione. Anni caratterizzati anche da carenze di organico, ma che non gli impedirono, come avvenne nel 1996, di produrre oltre mille sentenze, numero che stava crescendo nel 1997 quando arrivò il 1 luglio il trasferimento al tribunale di Roma, dove ha ricoperto a lungo le funzioni di Gip prima di diventare consigliere di Corte di Appello. “Non è stato facile dedicarsi ai casi più delicati dovendo seguire migliaia di fascicoli, ma è un'esperienza che non dimenticherò” commentò congedandosi da piazza Bachelet da collaboratori e colleghi.