Politica e giustizia, quando il ministro Fassino bloccò la nomina di Pucci

01/02/2021
L'ex presidente, scomparso nel 2015
L'ex presidente, scomparso nel 2015
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Quando la politica interferisce nelle scelte della giustizia, una questione che da due anni sta agitando l’ordinamento giudiziario fondato sull’indipendenza dagli altri poteri dello Stato, esplosa con il caso dell’ex pubblico ministero Luca Palamara, che ha denunciato - e continua a farlo – la pratica di assegnare gli incarichi in base all’appartenenza dei giudici a singole correnti che sono espressione di precisi schieramenti politici. Rieti, vent’anni fa, sperimentò questo metodo con il caso del presidente del Tribunale, Giovanbattista Pucci, il quale ormai prossimo al trasferimento (era succeduto a Marcello Chiattelli), si vide sbarrata la strada alla presidenza del Tribunale dei Minori di Roma addirittura dal ministro della Giustizia Piero Fassino.

Il Guardasigilli

Tutto avvenne a febbraio 2001, pochi mesi prima delle elezioni politiche, e quell’intervento spaccò il Csm, l’organo di autogoverno della magistratura, perché il Guardasigilli – fu questa l’accusa di una parte delle toghe - mirava a bloccare la nomina di Pucci per favorire invece quella di Magda Brienza, giudice tutelare preparata e in possesso di tutti i requisiti. In realtà, Fassino, come prevede la legge, su richiesta della quinta commissione incarichi direttivi del Csm, aveva espresso il proprio concerto su entrambi i candidati scelti dai consiglieri, ma poi, giudicando inopportuno il nome di Pucci, si espresse a favore della Brienza, motivando in una lettera le sue ragioni.

Le critiche

L’iniziativa del ministro fu aspramente criticata dalla maggioranza dei membri della Commissione, che accusarono Fassino di “ingerenza” per essere andato oltre il richiesto parere di legittimità entrando nel merito delle valutazioni dell’organo di autogoverno, che alla politica sono “ufficialmente” precluse, e di aver voluto favorire la corrente di sinistra della magistratura. In causa fu chiamato anche il direttore generale del ministero che aveva istruito la pratica, esponente di Magistratura democratica. Polemiche roventi, che videro scendere in campo contro il Guardasigilli Magistratura indipendente e Unicost, già protagoniste di un altro scontro precedente sulla nomina dell’ex procuratore della repubblica di Palermo, Giancarlo Caselli, all’Eurojust.

La rinuncia

A nulla valse un’ulteriore lettera di chiarimenti scritta dal Guardasigilli, con cui ribadiva comunque il rispetto per le decisioni del Csm. Lo scambio di accuse tra schieramenti opposti andò avanti per settimane, tanto da spingere il vice presidente del Consiglio superiore a convocare un’apposita seduta del plenum a Palazzo dei Marescialli, ma a togliere le castagne dal fuoco ci pensò proprio Giovanbattista Pucci. Il presidente del tribunale di Rieti, di fronte allo scontro che si era acceso tra le correnti della magistratura, che rischiavano di innescare  una situazione difficile da gestire per il Csm, decise di fare un passo indietro, lasciando campo libero alla collega.

Di lì a poco, Pucci (scomparso a gennaio 2015) fu nominato presidente della terza sezione civile della Corte di Appello di Roma. A Rieti, il giudice viene ricordato per la longevità alla guida del tribunale, dal 1992 al 2002, durante il quale sostenne l’ampliamento della sede attuale, diventato necessario dopo il fallito progetto di costruire un nuovo palazzo di giustizia nell’area dell’ex Zuccherificio di viale Maraini, per il quale il ministero aveva già stanziato 30 miliardi di lire affidandone la realizzazione all'Edilpro, una società del gruppo Iri.