Due casi di cronaca, con diverse conclusioni sul piano giudiziario, ma stessa rabbia da parte dei parenti delle vittime che non accettano un epilogo senza colpevoli. E’ la storia del processo sul crollo del campanile della chiesa di Accumoli, avvenuto in occasione del terremoto del 2016, sotto le cui macerie morirono i quattro componenti di un’intera famiglia romana, Andrea Tuccio e la moglie Graziella Torroni, con i loro due bambini piccoli, Stefano di 8 anni e Riccardo di appena nove mesi, e l’inchiesta su cisterna di carburante esplosa nel 2018 all’interno di un distributore sulla via Salaria per Roma, che costò la vita al vigile del fuoco di Rieti Stefano Colasanti, e a Andrea Maggi, un automobilista di Montelibretti, comune al confine con la provincia sabina.
Non colpevolezza
Ebbene, in entrambe le vicende il verdetto pronunciato dai diversi magistrati è stato di “non colpevolezza” nei confronti dei sette imputati per il disastro di Accumoli, arrivato dopo un processo durato due anni, e di richiesta di archiviazione per i morti dell’esplosione dopo un’inchiesta che è stata condotta solo in parte. Due casi in cui è esplosa la rabbia dei parenti delle vittime (sei in tutto), alla ricerca di una risposta di giustizia che contribuisse a placare il dolore per la perdita di persone care, ma che sono rimasti delusi e amareggiati perché nessuno è stato chiamato a rispondere delle presunte responsabilità contestate durante le indagini preliminari.
Processi dalle conclusioni simili, se ne registrano in continuazione in tutti i tribunali d’Italia, dove al posto del sentimento di sconforto provato da chi è rimasto a piangere i propri cari, subentra un altro aspetto che non tiene conto del dolore, ma riguarda esclusivamente gli aspetti “tecnici”, costituito dalle perizie dei consulenti delle parti, dalle testimonianze e anche dal libero convincimento che dal loro esito traggono i giudici.
La sentenza di Porro
Nella vicenda di Accumoli, quindi, sarà fondamentale leggere le motivazioni del giudice monocratico Riccardo Porro, per capire le ragioni di un’assoluzione generalizzata degli imputati, i quali, comunque, potrebbero essere chiamati ad affrontare un secondo processo in appello se la procura ricorrerà contro la sentenza, come ha già annunciato che farà l’avvocato di parte civile della famiglia Tuccio.
C’è attesa, perché il dottor Porro, ex ufficiale dell’Esercito, poi approdato in magistratura, nei tre anni di permanenza a Rieti si è guadagnato la stima incondizionata di colleghi e, soprattutto, degli avvocati, che in lui apprezzano equilibrio e scrupolo. In molte occasioni ha fornito prova di grande indipendenza nel giudizio e non sono rari i casi in cui non accoglie le richieste di archiviazione inoltrate dai pubblici ministeri, ordinando nuove indagini perché le inchieste non sono state sufficientemente approfondite. Le motivazioni della sentenza potranno forse dare una, seppur parziale, risposta alla rabbia provata dai familiari dei Tuccio di fronte alle assoluzioni, anche se nessuna spiegazione potrà mai risarcirli del grave lutto subito.
I morti sulla Salaria
E’ diversa, invece, la rabbia provata dalle famiglie del vigile del fuoco Stefano Colasanti e dell’automobilista Andrea Maggi, di fronte alla richiesta di archiviazione presentata dalla procura al termine di un’inchiesta mai nata veramente sulle cause che determinarono l’esplosione della cisterna di gpl. In questo caso, a spingere la procura a chiudere il fascicolo senza un processo, è stato il mancato deposito della consulenza tecnica affidata a un esperto. E questo fa ancora più rabbia di una sentenza di assoluzione, che pure è arrivata dopo un regolare dibattimento in cui tutte le parti si sono affrontate e scontrate.
Nella vicenda del distributore la ricerca della prova su presunte responsabilità non c’è proprio stata, fermandosi ad alcune testimonianze raccolte nell’immediatezza del fatto. Adesso alla procura è stato nuovamente restituito il fascicolo, dopo che la richiesta di archiviazione non è stata accolta dal giudice delle indagini preliminari Marinelli e nei prossimi mesi si saprà come finirà. Ma la rabbia in chi è rimasto e piange i suoi cari, non è scomparsa, e neanche si è attenuata, perché la morte di due persone non può rimanere senza una risposta.