Scuola Forense Sabina, storia di un progetto universitario tra grandi speranze e delusioni

19/11/2021
Avvocati all'inaugurazione del 2001
Avvocati all'inaugurazione del 2001
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Nata sul finire del 2001, con lo scopo di rappresentare per il mondo dell’avvocatura reatina, e non solo, un preciso punto di riferimento per gli iscritti, è rimasta in vita solo tredici anni, affossata alla fine da costi di gestione diventati insostenibili per il Consiglio dell’ordine, ma anche per il fallimento degli obiettivi che si era prefissa all’atto della sua fondazione, primo tra tutti quello di dare vita e sostanza a corsi universitari stipulando convenzioni con le Facoltà di Giurisprudenza di altri atenei.  Così, nel 2015, la Scuola Forense Sabina è stata sciolta ed è entrata in una nuova fase, diventando organo del Consiglio, passaggio previsto da una legge del 2012, nominando un liquidatore per definire le pendenze economiche e indicando nell’ultimo presidente in carica, l’avvocato Carlo Tozzi, il nuovo direttore della Scuola affiancato da un direttivo e da un comitato scientifico che ha poi passato il timone all’avvocato Luigi Gianfelice. Situazione attualmente ferma, in attesa del rinnovo delle cariche.

Il nodo università

A tenere banco, negli anni che hanno preceduto la trasformazione della Scuola Forense Sabina, è stata soprattutto la questione legata all’istituzione a Rieti di un corso universitario a indirizzo giuridico organizzato con La Sapienza di Roma attraverso la Sabina Universitas, il cui sostanziale fallimento rappresenta la ragione per cui il Consiglio dell’ordine ha deciso di uscire dal Consorzio e, non trovando la disponibilità del consiglio di amministrazione universitario, ha promosso una causa societaria davanti al Tribunale di Roma per far valere le proprie ragioni. Ma, tra il 2001 e il 2012 le occasioni per promuovere corsi giuridici sono state diverse e GiustiziaRi le ha puntualmente raccontate, a partire da un primo tentativo operato riunendo attorno a un tavolo la Fondazione Varrone, con il forte sostegno espresso dagli avvocati Olinto Petrangeli e Leo Rocca, membri del consiglio di indirizzo, e la Provincia presieduta da Giosuè Calabrese.

Occasioni perdute

Fu proprio quest’ultimo a favorire l’incontro tra il presidente della Facoltà di Girisprudenza de La Sapienza, Carlo Angelici, e quello dell’Ordine forense Antonio Belloni. Le premesse c’erano tutte, Calabrese parlò all’epoca di “perfetta sintonia sulla strada per realizzare il progetto voluto dall’avvocatura sabina, favorito dal convinto appoggio di diversi enti e associazioni locali, nonché dalla ricaduta positiva su tutte le attività culturali e formative che può garantire la presenza dell’università in città”. In aggiunta, ci si spinse anche ad annunciare l’allestimento di corsi in procedura civile e sul nuovo diritto societario da affidare al professor Recchioni, docente de La Sapienza, oltre a stabilire incontri con giuristi e magistrati.

Molte speranze di riuscita fondavano sulla figura di Pietro Carotti, primo presidente della Scuola Forense Sabina, già deputato dell’Ulivo e relatore dell’omonima legge che riformò il processo nel 1999. Il penalista, anche dopo la fine dell’esperienza parlamentare aveva mantenuto contatti privilegiati con il mondo forense nazionale, con il Csm e nel suo stesso partito della Margherita era il responsabile del settore giustizia. Il giudizio espresso nel 2003 dal penalista fu netto: “Il difetto di Rieti è stato sempre quello di vivere ai margini del pianeta universitario, invece noi puntiamo a un coinvolgimento pieno con questa istituzione. Vogliamo che i corsi ottengano un riconoscimento ufficiale e non siano solo dei master, perché i nostri giovani abbiano l’opportunità di stare a contatto con tematiche di avanguardia e di avere docenti di alto livello”.

La politica in fuga

La politica, invece, scelse di non decidere e Giosuè Calabrese, che la causa universitaria l’aveva sposata, si ritrovò da solo, con la Fondazione Varrone che non mantenne fede agli impegni promessi. Stesso copione replicato successivamente, con l’ormai fallita occasione di istituire a Rieti corsi triennali in Scienze Giuridiche con la Facoltà di Roma Tre. A farsene promotore fu il professor Salvatore Mazzamuto, fondatore della scuola internazionale di diritto ed economia “Tullio Ascarelli” e poi nel 2012 sottosegretario alla Giustizia nel governo Monti, ma il progetto fallì: “Nonostante il senato accademico di Roma Tre avesse adottato la delibera di convenzione su mia proposta, Fondazione e Provincia, inizialmente entusiaste dell’iniziativa, non si fecero più sentire. Fu un vero peccato, a Rieti non seppero salire sull’ultimo treno”. E per la Scuola Forense Sabina fu la fine di ogni sogno.