La morte avvenuta a Bologna di Marco Dimitri, leader della setta “Bambini di Satana”, protagonista negli anni 90 di una controversa vicenda giudiziaria e di grande risonanza mediatica, che lo vide accusato di violenza sessuale su una donna e su un bambino di tre anni, per poi essere processato e assolto insieme ad altri quattro satanisti e, successivamente, risarcito per i 400 giorni di ingiusta detenzione trascorsi in carcere, richiama una vasta indagine avviata dalla procura di Rieti sulla presenza di movimenti e associazioni dell’occulto presenti in Sabina.
Un rivolo di quell’inchiesta, ribattezzata “operazione Astherot”, dal nome arcaico del demonio, coordinata dall’ex procuratore della repubblica Alfredo Rossini e condotta sul campo da polizia giudiziaria e Digos della Questura, interessò anche il comune di Fara Sabina dove, in una villa, viveva un personaggio di primo piano nell’ambito delle organizzazioni sataniste e pseudo religioso operanti in Italia, sul quale già risultavano dettagliati rapporti da parte della Direzione centrale della polizia di prevenzione. L’uomo, vicino al fondatore di un gruppo satanista che aveva stretti legami con il leader bolognese dell’associazione Bambini di Satana, sospettato di essere il custode di importanti documenti sui riti satanici organizzati dalla setta.
Materiale fatto scomparire poco prima che nell’abitazione romana arrivassero i carabinieri del comando provinciale di Bologna, impegnati nelle indagini sulle ramificazioni dell’attività avviate in diverse città italiane da Marco Dimitri, il quale a distanza di diversi anni dalla conclusione della sua vicenda giudiziaria, risultò candidato a Rieti e nelle altre province del Lazio in occasione alle elezioni politiche del 2013. Lo fece con Democrazia Atea, il partito di cui fa parte anche l’astrofisica Margherita Hack, ma non venne eletto.
La perquisizione
Il 5 novembre 1999 il procuratore Rossini ordinò la perquisizione della villa di Fara Sabina, in contemporanea con un’altra operazione condotta dal sostituto procuratore di Roma, Roberto Staffa. All’interno fu rinvenuta una vera e propria base, definita “non di secondo livello”, dove si sospettò che si svolgessero riti satanici. In uno dei locali c'era anche un altare utilizzato per le messe nere. Nel corso della perquisizione, Digos e poliziotti della procura ritrovarono i documenti riferiti a messe nere, a malefici, “fatture” di morte, simboli con croci rovesciate, libri e materiale pornografico. Proprio indagando sul proprietario, che tra l'altro teneva mostre in chiese sconsacrate all'estero, fu possibile risalire a una rete di adepti e fiancheggiatori di quella che venne considerata una diramazione di movimenti satanici.
L’ontopsicologo Meneghetti
Molte pagine del rapporto stilato dalla Digos riguardarono l’attività di una psicosetta diretta dallo scomparso Antonio Meneghetti, un ex frate abruzzese, trapiantato a Roma, ma domiciliato a Scandriglia, dove gestiva uno dei centri dell’istituto di Ontopsicologia, branca non riconosciuta dalla scienza ufficiale. Meneghetti, soprannominato “il professore”, fu colpito tra il 1973 e la fine dello scorso millennio, da arresti e diverse inchieste giudiziarie legate alla sua attività condotte dalle procure di Roma, Terni e Rieti sulla base di diversi reati ipotizzati, ma fu prosciolto dalle imputazioni più gravi dal giudice istruttore di Roma Misiani che aveva riunificato diversi procedimenti, e beneficiò di amnistie e prescrizioni per le accuse minori. Fu invece condannato, con sentenza definitiva della Cassazione, a dieci mesi di reclusione per omicidio colposo in seguito alla morte di una psicologa friulana, Marina Furlan, sua allieva a Scandriglia, annegata nel 1991 nel mare della Sardegna mentre si trovava, da sola, in barca con lui.
I risultati
L’inchiesta della Procura di Rieti, risultata la più completa degli ultimi decenni condotta sulle organizzazioni del mondo dell’occulto presenti sul territorio, era nata dal suicidio in bassa Sabina di una studentessa liceale di 15 anni, e inizialmente il gesto venne fatto risalire a una delusione d’amore. Un sopralluogo effettuato nell’abitazione della vittima portò però al rinvenimento di simboli esoterici, scritti e disegni riferiti a entità demoniache. Inoltre sul palmo della mano della ragazza fu notato il disegno di una mezza luna nera. Gli investigatori scoprirono così che le amiche della liceale suicida frequentavano un ragazzo che si spacciava per uno spiritista in grado di compiere riti esoterici di ogni tipo. La morte della studentessa convinse il procuratore Rossini che il suicidio era legato in qualche modo al satanismo.
Particolare attenzione fu riservata a un gruppo di ispirazione neo induista di valenza internazionale, con diverse sedi in Europa e una anche ai confini tra la provincia di Rieti e quella di Terni. La stessa predicava una particolare dottrina familiare che perseguiva la svalutazione, fino all’annullamento, del rapporto genitori figli. E, proprio in riferimento alla presenza della setta, furono raccolte segnalazioni provenienti da parte di autorità belghe e francesi che sottolineavano il tentativo da parte del sodalizio di effettuare una destrutturazione animico mentale dei soggetti minorenni fino a otto anni.
L’allarme su Internet
L’esistenza dell’indagine sui gruppi satanici, condotta dalla procura di Rieti, venne rivelata dall’avvocato generale presso la Corte di Appello, Carmelo Calderone, nella relazione letta nel 1999 in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario. Calderone li definì "fenomeni molto preoccupanti, che vanno attentamente vagliati da tutti gli uffici del distretto, in quanto di facile proliferazione, anche tramite l'accesso sempre più diffuso, da parte dei giovani, ad ogni tipo di informazione con Internet".