Tribunale mancato all'ex Zuccherificio, racconto di un fallimento politico

17/09/2020
L'ex Zuccherificio in viale Maraini
L'ex Zuccherificio in viale Maraini
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A distanza di trent’anni, la mancata costruzione del nuovo tribunale nell’ex Zuccherificio di viale Maraini resta una delle occasioni più ghiotte sprecate dalla politica all’inizio degli anni 90 per risolvere, in un colpo solo, due problemi. Il primo relativo al recupero di un’area industriale abbandonata, diventata parte integrante del tessuto urbanistico cittadino dopo l’espansione del quartiere Micioccoli, il secondo di dare risposta a una domanda proveniente dal mondo giudiziario di poter contare su un palazzo di giustizia moderno e in grado di ospitare anche altri uffici, come una sezione distaccata del Tar per la quale era stata anche formulata una proposta concreta. Ma non se ne fece niente, il progetto che l’Edilpro, società del gruppo Iri, aveva elaborato mettendo sul piatto trenta miliardi di lire, fu affossato secondo un copione non dissimile da quello che ha accompagnato nel tempo altre vicende della storia reatina. A partire dalle polemiche politiche, nate tutte all’interno dell’ex Pci (poi Pds) tra due correnti di pensiero contrapposte facenti riferimento all’avvocato Pietro Carotti, consigliere comunale indipendente, sostenitore della necessità di affidare le valutazioni ai tecnici dopo  l’approvazione di un nuovo piano regolatore perché il tribunale non era un'emergenza, ma un'esigenza, e all’ex sindaco Paolo Tigli che, invece, invocava l’urgenza e l’importanza di non perdere il finanziamento pubblico, proseguendo per i soliti sospetti esplosi dopo la delibera della commissione Urbanistica presieduta dal repubblicano Ettore Saletti.

L'opposizione della Giomir

La miccia fu accesa dalla Giomir, la società del costruttore romano Ernesto De Angelis, proprietaria dell’ex stabilimento della Montedison, che, senza mezzi termini, accusò il Comune di voler espropriare l’area di un privato giunto sull’orlo del fallimento e inseguito dalle banche, senza prendere in esame altre alternative a costi più vantaggiosi, quali la dirimpettaia Montecatini. L’amministratore presentò un’offerta molto dettagliata, definita a costo zero per l’ente che non si sarebbe dovuto sobbarcare gli oneri dell’esproprio e dell’opera, mettendo a disposizione della città una parte dell’area per ampliare il parco di via Liberato di Benedetto. De Angelis spiegò che da dieci anni riceveva promesse dal Comune per il recupero dello stabilimento dismesso, senza ottenere nulla, per cui la costruzione del tribunale avrebbe soddisfatto le esigenze di entrambe le parti. Il piano della Giomir incassò però il no dell’Edilpro che non lo ritenne idoneo, e il parere negativo della giunta comunale, ferma nel sostenere l’ex Zuccherificio e timorosa di allungare i tempi del confronto con il rischio di perdere il finanziamento. Infine, non meno decisivo, fu il un ruolo rivestito da una lobby interna all’avvocatura, apertamente ostile a spostare  il tribunale in viale Maraini che avrebbe significato allontanare molti studi legali presenti a Fiume de Nobili. L’Edilpro, da parte sua, si presentava con tutte le garanzie necessarie avendo già costruire, dietro incarico dei comuni interessati, i nuovi tribunali di Reggio Emilia, Caserta, Pistoia, Ravenna e Foggia, le preture di Monsummano Terme e Venafro. Il recupero dei diversi edifici avrebbe permesso di realizzare, oltre agli uffici di procura e preture, ampie aule di udienza, un grande archivio generale, la sede per gli ufficiali giudiziari e per l’Ordine degli avvocati, oltre all’ufficio di Conciliazione.

L'ok della Commissione

Le premesse per un successo c’erano tutte. A partire dal parere favorevole espresso dalla commissione presieduta dall’ex presidente Chiattelli, comprendente anche il procuratore della repubblica Gaetano La Sala, altri magistrati, l’assessore all’Urbanistica Saletti e i tecnici comunali. Lo ricorda bene il primo dirigente Mario Mancini che ne era il segretario: “Inizialmente rimanemmo perplessi dall’idea di trasferire il palazzo in una fabbrica dismessa perché pensavamo a una costruzione ex novo. Invece, quando i tecnici vennero a Rieti per presentare l’elaborato, scoprimmo che lo stabilimento sarebbe stato ristrutturato per ospitare gli uffici e sarebbe rimasta anche la canna fumaria. Per i parcheggi era prevista un’area interrata riservata ai magistrati e al personale, mentre in superficie sarebbero stati ricavati quelli a raso per il pubblico. Non erano previsti aumenti di cubatura e anche il verde avrebbe avuto i suoi spazi. Inoltre, viale Maraini e via Angelo Maria Ricci sarebbero diventate strade a senso unico e l’intera area raccordata alla città. Il via libera arrivò anche dalla direzione degli Affari Civili del Ministero della Giustizia che propose al Comune di espropriare l’area e di acquisire l’edificio di via delle Palme (oggi via Borsellino). I soldi c’erano, il progetto era valido, ma l’avvocatura si spaccò, nonostante il parere favorevole del Consiglio dell’ordine presieduto dall’avvocato Antonio Belloni. Poi, arrivò anche la mancata delibera del consiglio comunale. Dopo diversi mesi, non ricevendo più alcuna comunicazione, con il presidente Chiattelli andammo al ministero e scoprimmo che l’Edilpro, di fronte ai ritardi, aveva revocato il finanziamento dirottando i soldi a Parma, dove fu costruito un nuovo tribunale al posto di quello di Rieti. La delusione del presidente fu enorme, davvero la nostra città aveva perduto un’occasione d’oro e questo è rimasto il suo rammarico per tutta la vita”.

Tigli: "Piano sabotato"

Discussioni, confronti e scontri andarono avanti due anni (la durata della giunta Tabellini), poi il piano naufragò. La successiva giunta Bigliocchi prese in esame altre possibilità, quali la costruzione del nuovo palazzo di giustizia su un’area pubblica e non più da espropriare ai privati, inserendo nell’elenco la zona di Fonte Cottorella, un terreno degli Istituti Riuniti di Ricovero e il sito di viale Matteucci, dove era previsto un parco pubblico, poi affossato per lasciare spazio all’ennesima lottizzazione edilizia. Tante proposte non approdarono a nulla e, alla fine, per rispondere alla pressante richiesta di nuovi spazi, fu approvato durante la presidenza di Giovanbattista Pucci, subentrato a Chiattelli, l’ampliamento del tribunale sul lato di via Falcone, realizzato dall’impresa di costruzioni Antonicoli. L’ex sindaco Paolo Tigli, ancora oggi, è convinto: “Nel 1990 il progetto fu sabotato nonostante un consenso unanime e trasversale e i 40 milioni spesi per lo studio di fattibilità. Tutti a dire sì e tutti a boicottare l’iniziativa. Invece avrebbe trovato soluzione l’irrisolta questione del recupero di un’area industriale che versa nel degrado”. Oggi, di un nuovo palazzo di giustizia non si parla più, anche perché nel corso degli anni la sua sopravvivenza è stata messa più volte a rischio dai piani sulla revisione della geografia giudiziaria elaborati dal ministero, che nel Reatino ha già portato alla soppressione della sezione distaccata del tribunale di Poggio Mirteto. Resta, su tutto, il rimpianto per un’occasione irripetibile sfuggita, che difficilmente tornerà in futuro.