Giustizia lumaca, gli ex lavoratori di una ditta fallita dovranno restituire i soldi

09/12/2020
Il tribunale in piazza Bachelet
Il tribunale in piazza Bachelet
Printer Friendly, PDF & Email

Beffati da una giustizia troppo lenta, dopo aver perso anche il posto di lavoro, che ha impiegato due anni per decidere se i pignoramenti eseguiti dall’avvocato degli ex dipendenti di una ditta fallita erano meritevoli di accoglimento oppure no. Ventiquattro mesi, giorno in più, giorno in meno, trascorsi aspettando lo scioglimento della riserva da parte di un giudice onorario che, alla fine è arrivato, ma a ridosso della dichiarazione di fallimento dell’impresa da parte del tribunale di Rieti.

L’avvocato difensore si è subito messo in  moto, incassando il frutto dei pignoramenti e distribuendolo agli ex dipendenti, ma la beffa era dietro l’angolo: i soldi incassati quattro giorni dopo la sentenza non potevano essere toccati perché appartenenti alla massa fallimentare da ripartire tra i creditori privilegiati e chirografari, ma gli interessati non erano al corrente del provvedimento.

La notifica

La comunicazione inviata dal curatore fallimentare nominato dal giudice è tecnicamente e giuridicamente incontestabile: nessun bene (soldi, depositi, proprietà e altro), appartenente al soggetto fallito, in questo caso una società edile con sede legale in un paese del Montepiano Reatino, può essere distratto dopo la sentenza e, quindi, i lavoratori, che pure vantano precisi diritti, devono restituire i soldi ricevuti in seguito alle azioni giudiziarie condotte dall’avvocato reatino Vincenzo Di Fazio per recuperare liquidazioni e stipendi arretrati maturati fino al 2015. Gli ex dipendenti, risultati ignari dell’avvenuto fallimento nel momento in cui incassavano le spettanze economiche, avrebbero dovuto invece attendere il piano di riparto, ma la decisione del tribunale è stata notificata al legale a distanza di molto tempo.

Attesa infinita

Una beffa, sulla quale l’avvocato sta lavorando per limitarne gli effetti negativi, ma che si ricollega all’endemico male della giustizia, quello dell’eccessiva lentezza. Si viene a scoprire, così, che il giudice onorario incaricato della trattazione della pratica, ha impiegato due anni per sciogliere la riserva ed emettere l’ordinanza che, dopo una serie di tentativi di recuperare i crediti in via transattiva, dava il via libera ai due pignoramenti eseguiti nel 2017 dall’avvocato Di Fazio sui beni della società e nei confronti di terzi, con la conseguente autorizzazione trasmessa alla cancelleria civile del tribunale perché provvedesse all’assegnazione delle somme dopo la vendita mobiliare. Ordinanze emesse nei mesi scorsi e in tempi diversi, a cavallo della dichiarazione di fallimento pronunciata il 5 ottobre 2020, ma comunicata agli interessati ai primi di novembre, quasi un mese dopo.

Nel frattempo, agli ex dipendenti erano stati liquidati il trattamento di fine rapporto e i salari al termine di una vicenda giudiziaria, iniziata nel 2015, trascinatasi per cinque, lunghi anni. E’ un epilogo che amareggia l’avvocato Di Fazio e l’azione condotta a tutela dei creditori, ma ancor più il nuovo corso di giovani magistrati togati che formano il tribunale di Rieti, i quali, sotto la guida del presidente Pierfrancesco de Angelis, sono impegnati a portare avanti il lavoro in un momento di difficoltà causata dall’emergenza coronavirus. Trovare una soluzione non sarà facile, resta l’amarezza per i danni causati dall’ennesimo caso di giustizia lumaca.