Avvocati reatini fuori dal Consorzio Sabina Universitas. Dopo ventidue anni trascorsi (inutilmente) in attesa dell’istituzione di corsi triennali di giurisprudenza, con laurea presso l’ateneo di riferimento, o di altri in scienze giuridiche, necessari per giustificare la presenza dell’avvocatura nella compagine universitaria, il matrimonio tra il Consiglio dell’ordine e il Polo si è concluso con un accordo transattivo raggiunto tra le parti. Gli avvocati pagheranno, a rate, metà del debito accumulato per le quote arretrate non saldate al Consorzio, e il braccio di ferro che aveva portato il Cda della Sabina Universitas e l’Ordine fin davanti al Tribunale delle Imprese di Roma, competente a giudicare trattandosi di materia societaria, si concluderà. In questo senso, anche il giudice Enrica Ciocca, che in passato ha prestato servizio al tribunale di Rieti e presso l’ex sezione distaccata di Poggio Mirteto, aveva invitato le parti a trovare una soluzione per evitare di arrivare a una sentenza che avrebbe, comunque, disatteso le attese di uno dei due litiganti. Il 17 luglio è fissata l'udienza che dovrà chiudere la vicenda. Del resto, quello della causa, era stato un epilogo ampiamente scontato, visti i silenzi e le non risposte opposti dalla Sabina Universitas alle continue richieste inoltrate dal Consiglio dell’ordine per definire un rapporto considerato improduttivo per il foro reatino.
I commenti
E’ toccato al presidente del Consiglio dell’Ordine, Attilio Ferri, e al presidente del Consorzio, Antonio D’Onofrio, mettere nero su bianco i termini dell’accordo che chiuderà in anticipo la causa. I due si erano confrontati più volte negli ultimi tempi per individuare una soluzione e soprattutto grazie all’apertura offerta proprio dal presidente D’Onofrio, consapevole che la questione andava comunque risolta dopo anni di silenzi e non risposte opposti dai suoi predecessori ai continui solleciti inviati dagli avvocati che, in un’assemblea del 2015 (presidente Luca Conti), avevano deliberato a favore dell’uscita dal Polo universitario. Gli ultimi tentativi andati a vuoto risalgono al 2019, anno in cui l’Ordine, presieduto da Ferri, forte di un parere legale commissionato a un esperto studio legale romano, aveva deciso di promuovere la causa davanti al Tribunale delle Imprese “perché paghiamo una quota associativa di 8000 mila euro all’anno, ma senza ricevere nulla in cambio” aveva sottolineato.
Da parte sua, l’ingegner D’Onofrio non nasconde un certo rammarico, ma anche la soddisfazione per aver risolto una questione annosa che continuava a gravare sulla Sabina Universitas: “Dispiace sempre perdere dei compagni di viaggio, ma penso che è stato possibile raggiungere la transazione anche in previsione della chiusura del Consorzio, visto che nel 2026 scadrà la convenzione con La Sapienza e La Tuscia, impegnate a impiantare nuovi corsi universitari con strutture autonome. Quest’anno abbiamo accolto temporaneamente quattro corsi a Palazzo Aluffi, il prossimo anno ne arriveranno altri quattro, in aggiunta ai nostri su Ingegneria e Scienze della Montagna. Il dispiacere è più avvertito perché adesso Rieti ha una vera università, con facoltà che porteranno almeno 1500 studenti, dei quali 700 solo nelle professioni sanitarie”.
La storia
Riannodando i fili della vicenda, occorre ricordare che la decisione di entrare a far parte come soci della compagine universitaria, risale al 2001, anno in cui il foro presieduto da Antonio Belloni accolse l’invito del Cda, ribadito anche da quelli successivi, con l’impegno di istituire corsi in scienze giuridiche in modo da promuovere a Rieti iniziative di crescita culturale e di formazione professionale per avvocati e laureandi in giurisprudenza. Tutto questo, però, negli anni non ha trovato attuazione. L’attuale presidente Ferri ricorda: “Io stesso, che ero membro del Consiglio dell’ordine, partecipai nel 2002, insieme al presidente Belloni, alla collega Anna Maria Barbante e al presidente della Provincia Calabrese, all’incontro con il preside della Facoltà di Giurisprudenza Angelici, in cui ci accordammo per fondare a Rieti una scuola di formazione post universitaria. Sarebbe dovuto partire a settembre di quell’anno, ma non ebbe seguito, e neppure in seguito ci fu la possibilità di riprendere il discorso ”.
Non andò diversamente l’esito del confronto avviato con l’università Roma Tre e con il progetto sposato dall’ex sottosegretario alla Giustizia del governo Monti, Salvatore Mazzamuto, che dirigeva a Leonessa la scuola internazionale di diritto ed economia “Tullio Ascarelli”, organica all’ateneo romano. “Le istituzioni locali di Rieti, però, non furono pronte a raccoglierlo – e’ il ricordo del professore - Avevo convinto, infatti, il Rettore ad avviare un corso triennale in Giurisprudenza, con il biennio a Roma, firmando un accordo con l’università sabina. Ebbi diversi colloqui con la Fondazione Varrone e con la Provincia, promisero sostegno, ma nonostante il Senato accademico di Roma Tre avesse adottato la delibera di convenzione, i due enti non risposero più ai nostri solleciti. Fu un vero peccato, perché a Rieti non seppero prendere l’ultimo treno utile viste le difficoltà a reperire i fondi necessari”.